
Ha ragione Damiano quando dice che “il terremoto non è la colpa di nessuno”.
Damiano abita a Norcia. Con il terremoto che ha tirato il 24 Agosto 2016 ha perso casa e negozio. Ora lavora in una casetta di legno 3 metri per 3 concessa dal comune.
In Umbria, ma anche in altri paesi delle Marche, si dice che il terremoto “lo prendi”, come una malattia.
Se durante la tua vita ti ammali di morbo di Crhon o prendi un’infezione da streptococco non hai colpa, ma àugurati di avere un buon dottore, uno insomma che non sia un ciarlatano e che ti aiuti a guarire.
Si può guarire dal terremoto? Si può uscire dalla categoria dei terremotati, dalla quarantena, per tornare – cicatrici incluse – ad essere cittadini comuni? Si possono sanare le terre del sisma e fare una buona prevenzione?
Il dottore del terremoto dovrebbe essere lo Stato ma sembra piuttosto palesare la sua natura di praticantante prime armi.
È uno che sbaglia il dosaggio dei farmaci e cura le parti sane. Se gli dai in mano un bisturi incide di corsa e dove non serve realmente. Spreca energie in cose inutili e alla fine ci rimette la salute del paziente.
Questo è quello che è successo nel post sisma. All’emergenza, curata diligentemente dagli infermieri del Primo Soccorso (Esercito, Vigili del Fuoco, Carabinieri) non ha fatto sempre seguito una valida equipe di professionisti.
Il dosaggio sbagliato
Sono 4 le regione toccate dal sisma del 2016: Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo. Ci sono paesi che hanno subito il crollo di un campanile, altri che sono stati completamente o parzialmente rasi al suolo.
Esanatoglia, Matelica, Gagliole e Castelraimondo sono paesi dove si ricostruisce. Gli edifici colpiti sono pochi. È fuori discussione l’importanza, in sé, del danno subito. Si parla piuttosto di una scala dell’emergenza.
Visso, Castelsantangelo sul Nera sono dichiarati zona rossa. Si vive nelle Sae – le soluzioni abitative di emergenza – e non si è ricostruito affatto.
“Dovevano dare la precedenza a chi era messo peggio” mi dice R. che è il marito della signora Franca. Lo intervisto a Fonte del Campo, la sua Sae dista pochi metri dal paese, completamente distrutto. “Ci sono comuni che non hanno manco ‘na crepa, al massimo è crollato un pezzo de chiesa. Noi non c’abbiamo più il paese. Dove andiamo? Siamo qui, in mezzo al nulla, dimenticati. Continuano a dirci che se ricostruisce. Maddove?!”
In un Pronto Soccorso, in effetti, ha la precendenza il paziente da codice rosso. Quelli che “nel peggio stanno meglio” – ossimoro dell’assurdo – hanno da aspettare. Non si vuole far torto a nessuno ma un senso alle cose glie lo si deve dare (senso inteso come direzione).
È un atteggiamento che poteva essere esteso anche alle terre del sisma? Prima le grandi difficoltà e poi il minor malis?
Difficile dirlo soprattutto perché gli assistenti del medico-Stato sono Regione e Sindaco. Sono loro ad arbitrare davvero la partita, l’avvio alla cura o all’eutanasia. Accade così che a Camerino ci sia un polo universitario funzionante, con forti riduzioni delle tasse scolastiche previste per gli studenti, mentre a Norcia le scuole sono container vetusti, ex locali lavanderia piuttosto che vere aule.
Accade così che a Camerino – in piena emergenza 2016 – il Sindaco si confronta subito con i propri cittadini per ripartire al meglio, mentre a Norcia, lo stesso primo cittadino si comporta come un tumore.

Un tumore è una cellula impazzita. È impazzita perché crede di poter fare come diamine gli pare, senza considerare il resto del corpo di cui esso stesso è parte. Così, ciecamente, rovina sè stesso e tutto il resto.
Di tumore si muore, ma si può fare anche diagnosi e prevenzione. Non solo si può: si deve. Per chi sopravvive restano altrimenti vari buchi neri in un corpo. Invece si può migliorare anche il post operazione, la risalita dopo la malattia.
Di sisma si muore e se è vero che la vita è imprevedibile è altrettanto vero che qualcosa si può fare: si deve fare. Non esiste al momento un polo di ricerca dedicato al corpo del terremoto e “del dopo“. Se ti accade, se ti ci trovi coinvolto, come torni a vivere?
Giulia Scandolara