
Siamo tutti l’altro di qualcuno, quindi a volte ci tocca essere lupi, tutti.
Nel terremoto però «l’altro» è sempre e solo chi viene da fuori, un invasore, colui che depreda, colui che da fuori arriva e appare come chi vuole risolvere le cose. In parte avviene perché così si è sempre comportata la politica.
Nel mio lavoro non tutti i professionisti sanno che la coscienza non si può curare perchè è un processo. Nemmeno la psicologia lo ammette. Questo perché è più facile dire che ci sono delle cure,è più facile affidarsi a strategie, mentre in molti casi, no, non si ha nemmeno idea da dove cominciare.
Sarebbe più onesto dire che non si sa cosa fare perchè è una nuova pagina della storia.
Le persone non si possono risolvere, quando sono rotte dentro. La coscienza è un processo, esattamente come la fiducia merita e richiede tempo per essere costruita e frequentata.
Dove ha fallito chi è venuto fuori dal terremoto, con nuove soluzioni?
Chi viene da fuori molto spesso vuole proporre la sua attività, senza interessarsi minimamente alle persone, senza parlare con loro, non del terremoto e basta, ma della vita in generale.
Il vizio di forma è dato dal fatto di credere che la soluzione è solo in un piano che va attuato. Invece bisogna scendere nella relazione, proponendo –goccia a goccia – delle possibilità che vanno sempre valutate con l’altro. Si chiama interdipendenza ed è la sfida umana più grande.
Dove ha fallito chi è dentro il sisma, con vecchie soluzioni?
Chi è dentro il terremoto è ferito. Se anche volesse fidarsi non può farlo perché ha ancora attivo un trauma, una ferita. La ferita impedisce una relazione pulita. Tralasciando gli arroganti, chi ha attivo un trauma molto spesso compie questo errore:
- 1) si appoggia completamente all’altro, come’è avvenuto con la politica, dimenticandosi delle proprie risorse
- 2) si appoggia completamente a sé stesso, perdendo contatto con la realtà circostante, realtà che può essere frequentata affinchè l’individuo ristabilisca dei punti di riferimento personali, fuori e dentro il terremoto. Richiudendosi su sé stessa la persona evita il processo di miglioramento della ferita. E’ un miglioramento naturale, quello che nasce quando si passa del tempo buono con qualche altro essere umano
Il terremoto non si risolve, va amato
A distanza di tre anni nessuno ha pensato alle conseguenze del trauma subito dalle persone. È più immediato pensare alle case, anche se abbiamo visto che le complicazioni sono state infinite quanto la stupidità umana.
Possiamo allora capire quanto sia difficile affrontare il tema del trauma, dopo 4 anni,dopo che nessuno ha mosso praticamente un dito a livello generale, in 4 regioni. Non parlo di iniziative singole, parlo della ricostruzione dei tessuti sociali dei paesi.
Non si tratta della quotidianità ristretta a cui le persone si sono dovute abituare. Si tratta di una complessa riabilitazione alla vita a cui le persone hanno diritto. Se però questo tassello resta ancora invisibile, come sta accadendo, nulla è possibile.
Fallire è solo una parte della relazione
Il fallimento è vitale, perchè rappresenta tutti i tentativi degli esseri umani di stare in contatto fra loro. Se si continua a frequentare le persone, si fallisce entro un aspetto della relazione, una sua sfumatura. Non si è fallito in relazione al tema, perchè si è rimasti presenti. Si può sempre ricominciare.
Se si fallisce smettendo di entrare in relazione, allora tutti i giochi sono finiti.