L’unico punto che i due hanno in comune, entro variabili differenti e imparagonabili, sono le vittime. Ricostruire un ponte è rimettere in sesto un tratto di cemento già noto. Ricostruire entro 4 territori diversi, dopo un terremoto é un’ annosa sfida sociale (oltre che economico-politica), un’incognita presente ad ogni post-sisma, non solo nel terremoto del Centro Italia.
Il Governo non ci è ancora riuscito, a ricostruire la vita delle persone. Questa è la vera ricostruzione, la vera prova, attraverso la ricostruzione delle case dopo un sisma.
Se il ponte Morandi evidenzia l’efficacia, la celerità di un processo edile, il terremoto evidenzia tutte le difficoltà di stare vicini ad un processo di ricostruzione umana, sociale oltre che politica e burocratica, meramente connessa agli edifici.
Con il ponte Morandi il Governo ha vinto una battaglia, nel terremoto ha perso la guerra. Verrebbe da dire: “ti piace vincere facile eh? Vieni, vieni qui a ricostruire se sei capace, caro Governo. Dimostracela anche quí la tua alleanza con le ferite del Paese.”
Ma paragonare due disgrazie è solo cadere in basso. Non esiste un dolore più o meno urgente, importante, un dolore che è meno o più dolore. Il dolore è ovunque solo dolore.
Con il ponte Morandi non si è solo ricostruito un ponte, si è aggiunta un’ennesima tacca alla totale disattenzione della politica verso il cratere terremotato.

È GRAVE PER DUE MOTIVI
Arriverà un giorno in cui il terremoto in Centro Italia non sarà più così invisibile agli occhi della gente non terremotata, come lo è ora. Arriverà un giorno in cui il terremoto sarà un tema nazionale. No, non perché gli Appennini sono belli, sono bravi e – bla bla bla – vanno salvati. Tenetevelo, cari politici, questo tentativo mediocre di “trovare un blando motivo” per parlare poco seriamente di ricostruzione.
Arriverà un giorno in cui il terremoto sarà un tema nazionale perché l’Italia vedrà di cosa è capace la sua classe politica, si renderà conto di cosa ha fatto ai suoi cittadini. Sarà nazionale per tutte le voci amare che nel cratere si affossano.
Ed è già ora un tema nazionale, il terremoto, proprio per questi ignobili motivi: mafia, speculazione, istigazione all’odio fra la gente, divisione, rovina e spreco del paesaggio del territorio. Queste voci sono più forti ed hanno “più voce in capitolo”.
Quando questo accadrà, quando il terremoto sarà chiaramente visibile nella sua stratificata complessità, a crollare non sarà un ponte, sarà l’intera politica italiana.
C’è infatti una cosa da tener presente e ce l’ha insegnata il COVID-19: anche la Lombardia può trasformarsi in un “cratere terremotato”. Anche chi è forte crolla. Anche chi sembra forte ha punti deboli. E la vita resta in fondo davvero imprevedibile. Tutto può cambiare in pochi istanti. Questa sì, è l’unica cosa che hanno in comune il ponte Morandi e il terremoto.
© Giulia Scandolara