« Dottoressa ma secondo lei è possibile che questi 4 anni di invisibilità siano un altro trauma, oltre quello delle scosse del 2016?» Lo chiedo a una psicoterapeuta che conosco da diversi anni. La risposta è semplice:«assolutamente sì».
COSA FA IL TRAUMA E SE IL TRAUMA É ANCHE NELLA BUROCRAZIA
Che cosa s’intende per trauma lo spiegano gli psicologi e gli psicoterapeuti EMDR:« Ci può venire in aiuto l’etimologia stessa della parola, che deriva dal greco e che vuol dire “ferita”. Il trauma psicologico, dunque, può essere definito come una “ferita dell’anima”, come qualcosa che rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo e che ha un impatto negativo sulla persona che lo vive.» spiega bene il sito dell’Associazione.
EMDR (Eye Movement desensitization and Reprocessing) è un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma, in grado di alleviare il carico emotivo del ricordo traumatico e aiutare la persona, nel tempo, a non soffrire nel ricordo, ad esempio, delle scosse subite. Il movimento oculare mette in contatto emisfero destro e sinistro, stimolando il naturale processo di autoguarigione del cervello.
Nel terremoto del Centro Italia, nel 2016, l’Associazione EMDR interviene a più riprese in tutto il cratere terremotato da Amatrice a Norcia: « sono venuti degli psicologi e ci hanno aiutato con questa tecnica. Ma ci hanno detto anche che non sarebbe bastato questo primo intervento. Perchè il trauma sarebbe venuto fuori dopo, negli anni» mi spiega Francesco, di Norcia. Lo confermano diverse persone con cui sono in costante in contatto da circa un anno e mezzo. Rita, di Camerino, mi dice: « è adesso che mi rendo conto di tutto. All’inizio tieni duro e sei concentrata sulle mille cose da fare. Ma poi appena ti rendi conto di cosa è stato il terremoto, di quello che hai perso… ti viene tutto addosso... tutti gli anni che hai resistito».

COME FARE LA CORSA ALLE LEPRI
A questo va aggiunto come quattro anni di abbandono, da parte delle istituzioni, abbiano rappresentato un’altra ferita, completamente diversa da quella del trauma delle scosse. « Quì hai solo una certezza. Non puoi mai stare tranquillo. Ti svegli e c’è o una nuova ordinanza, o un nuovo cavillo burocratico contro cui lottare. Non ti fanno fare niente e ti complicano la vita ogni giorno» mi dice Amilcare, che a Norcia ha un negozio di frutta e verdura. Si riferisce alla burocrazia che rende impossibile la ricostruzione leggera, ma anche agli uffici della Ricostruzione, dove i cittadini tornano e ritornano in continuazione, come in un pellegrinaggio verso l’impossibile.
«Quì è come fare la corsa alle lepri. Tu corri dietro alla lepre e non la raggiungi mai. Corri corri, ti sembra di raggiungerla e non ci arrivi mai, a prenderla. La ricostruzione, qui, è così, nonostante le perizie, nonostante le carte vadano all’Ufficio. In continuazione ti cambiano le richieste sui documenti utili».
LA TORTURA DELLA GOCCIA CINESE
Se ogni giorno è impossibile rimettere mano alla propria esistenza, se ogni passo di ripresa è interrotto dalla burocrazia, dall’infiltrazione mafiosa, dallo sperpero di denaro, dal dubbio di avere dalla propria parte le istituzioni, come può, questa quotidianità, non chiamarsi tortura? “Tortura”, dal latino: “tormentare”.
Nella tortura della goccia cinese (1400) si immobilizzava la persona e da una certa altezza le venivano fatte cadere delle gocce di acqua fredda sulla fronte, per un periodo di tempo prolungato. Si dice che a lungo andare, la goccia, facesse ammattire lentamente. Difficile non pensare a quanto stiano vivendo gli abitanti del post terremoto da quattro anni, qui, dove la normalità è un sogno e le macerie sono una realtà immota.

IL CAS É UNA DROGA?
« Nessuno presenta più le domande per la ricostruzione, perchè ormai c’è questo CAS, che è diventato una droga» mi dice un giornalista del cratere terremotato, in modalità “chiacchiera da bar”. « C’è gente che si poteva rifare casa, con tutto il CAS che ha preso. Praticamente si sono fatti un tesoretto. Come si può sperare dopo, che le persone presentino le domande per ricostruire?».
É semplicistico credere che le domande per la ricostruzione non siano presentate dagli abitanti, solo perchè vi è il Contributo di Autonoma Sistemazione. Il peso della burocrazia è sotto gli occhi di tutti. Allo stesso tempo “non è così semplice”, tutta questa storia, perchè i furbetti del CAS sono una parte della realtà del terremoto.
Me lo ripete anche un signore ad Amatrice: « c’è gente che piglia il Cas ma nun ‘je spetta, chi c’ha avuto il SAE ma nun lo doveva avè. Quello che il giorno dopo er terremoto è diventato credente, e la chiesa gl’ha dato tutto. Poi ci sono quelli che non hanno avuto niente. Ma sai niente? ».
Di fondo, resta una divisione del tessuto sociale, per cui ogni paese è quotidianamente alle prese con contraddizioni interne laceranti. La burocrazia, il costante ripiegamento interiore e la sfiducia verso compaesani e istituzioni rischia di essere un cocktail micidiale per il definitivo collasso del Centro Italia. Il problema, o meglio “la droga” letale, non è in sé il CAS. É l’overdose di assurdità, amenità, scorrettezze, a impedire, ogni giorno, la di rinascita di queste terre.
© Giulia Scandolara