Il 24 Gennaio 2019 la Corte Europea dei diritti umani di Strarsburgo condanna l’Italia per non aver protetto i propri cittadini dalle emissioni tossiche dell’Ilva di Taranto. Il caso dell’acciaieria risale al 2012, quando la procura di Taranto stabilisce la chiusura del polo siderurgico e l’arresto dei suoi dirigenti. Questo avviene a seguito delle gravissime violazioni ambientali che portano alla morte di centinaia di persone.
I giudici di Strasburgo stabiliscono nel 2019 che « l’inquinamento dell’Ilva è un pericolo per tutta la salute» . Cosa c’entra tutto questo con i 4 anni del post sisma in Centro Italia? Parliamo di diritti.
La Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo lotta per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Per questo motivo ha accolto il ricorso di 180 cittadini pugliesi contro l’ILVA, fra il 2013 e il 2015.
Ma qualsiasi cittadino appartenente all’Unione Europea può fare ricorso, attraverso un modulo, presente al sito della Corte (allego qui il modulo). L’unico “requisito” di cui dev’essere in possesso il cittadino è lo stato di vittima. Non serve essere parte di un’associazione. Si può presentare ricorso come singoli individui, qualora si ritenga siano stati violati diritti fondamentali della propria dignità, vita e salute.

SE LE AUTORITÀ NON HANNO RAGIONE: DALL’ ILVA AL G8
Nella sentenza emessa dai giudici contro l’ILVA, viene sottolineato come fra i vari articoli della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) venga violato l’Art. 8 (diritto al rispetto per la vita privata e famigliare). La Corte di Strasburgo ha inoltre stabilito «che “le autorità nazionali non hanno preso tutte le misure necessarie per proteggere efficacemente il diritto al rispetto della vita privata dei ricorrenti”.» si legge.
Anche le violenze che hanno macchiato il G8 di Genova (2001) sono approdate a una sentenza da parte di Strasburgo. I violenti pestaggi alla scuola Diaz e alla Caserma di Bolzaneto vengono definiti come “atti di tortura”. L’8 Marzo 2018 la Corte Europea di Strasburgo dichiara ammissibile un ricorso contro i poliziotti coinvolti.
«Per i giudici di Strasburgo le autorità italiane non hanno mai condotto un’indagine efficace su quegli eventi» spiega un servizio della Rai del 26 Ottobre 2017. Le vittime, denigrate, avranno diritto a risarcimenti fra le 10.000 e le 85.000 euro a testa a causa delle violazioni dei diritti in Caserma, per danni fisici e morali.

COSA TESTIMONIA DI GRAVE IL G8 DI GENOVA
«Lo Stato non ha provveduto da solo, con le sue leggi, a condannare in modo giusto i responsabili. Le vittime si sono ritrovate obbligate a presentare ricorso da sole, direttamente alla Corte di Strasburgo nel 2013. L’Italia aveva già subito una condanna, pochi mesi prima, per un caso simile. Quello di Cestaro, esattamente per gli stessi motivi. (…) Strasburgo, per fortuna, non ammette ignoranza e condanna l’Italia, oltre ai tanti casi, anche per un altro caso che ha sconvolto l’Europa. La Corte europea dei diritti umani si pronuncia anche per il caso di Asti. La Corte ha stabilito che nel 2004 alcune guardie carcerarie di Asti hanno torturato i due detenuti Andrea Cirino e Claudio Renne. Strasburgo condanna l’Italia perchè, anche questa volta, non ha punito i responsabili.» spiega un articolo del 2018 a riguardo.
I MILLE VOLTI DELLA VIOLENZA
Dall’inquinamento mortale ai reati di tortura: anche le istituzioni sbagliano e non tutelano la cittadinanza. Ci si chiede però se tutte le ingiustizie perpetuate siano sempre immediatamente riconoscibili e “alla luce del sole”. Ci sono torture più invisibili e sottili, come quell’abbandono che sembra ormai aver messo radici nelle terre del post-sisma.
Ad ogni modo, sia nel caso dell’ ILVA che per il G8 di Genova i cittadini italiani hanno dovuto mettere alla prova il proprio coraggio. In primis hanno avuto necessità di credere di avere ragione e denunciare. In secondo luogo hanno avuto il coraggio di sostenere la propria causa. In entrambi i casi hanno vinto i cittadini.
LA RESPONSABILITÀ E LA POSSIBILITÀ DI FARE RICORSO
Nelle attuali vicende del Ponte Morandi e relativamente all’emergenza del Covid-19 ci sono delle indagini in corso, che mirano ad attestare le responsabilità, le eventuali omissioni del Governo italiano. Ancora una volta i cittadini sono chiamati ad avere fiducia in se stessi e nella propria sete di giustezza.
Il Comitato Noi denunceremo – verità e giustizia per le vittime del Covid-19 crede che nella tardiva realizzazione della zona rossa su Bergamo e Brescia ci siano gli estremi per il reato di crimini contro l’umanità. Relativamente al crollo del ponte Morandi sono attualmente indagate oltre 70 persone per la morte di 43 persone.
Riguardo alle vicende del post sisma in Centro Italia non c’è nessuno che indaghi, non tanto (e solo) sulla lentezza della ricostruzione (a cui pensa la Corte dei Conti) ma sulle responsabilità di una serie di crimini, più o meno visibili, che stanno affossando l’entroterra di ben 4 regioni e i suoi abitanti.

Dallo scandalo sulle SAE (appaltate ad aziende prive di certificazioni antimafia), alle strutture che hanno deturpato il paesaggio (come il Centro Boeri a Norcia), presenti a macchia di leopardo in tutto il cratere, fino alle macerie che tutto circondano: fra il cemento è rimasta bloccata la vita dignitosa dei cittadini.
Di chi sono le responsabilità per questi 4 anni di invisibilità e abbandono della cittadinanza nelle SAE o fuori cratere, senza la prospettiva di un futuro? Credo sia lecito domandarselo. Se è vero, come dice un terremotato di Norcia che «il terremoto non è la colpa di nessuno», questi 4 anni di niente hanno invece dei responsabili: chi sono? Ipotizzare un ricorso a Strasburgo per il futuro negato e una ricostruzione sognata è ammissibile?
Va inoltre specificato che questo iter di abbandono e affossamento dei cittadini e dei territori non si è manifestato solo nel cratere del post-sisma in Centro Italia. Lo stesso trattamento è stato riservato dal Governo ai suoi cittadini ad ogni post sisma, ora quello aquilano, emiliano, irpino. L’atteggiamento del Governo, dopo ogni forte terremoto, corrisponde ad una perdita, morale ed economica, a carico dell’intero Paese, una mancanza istituzionale che ancora oggi resta impunita.
Forse, un viaggio di restituzione di dignità a questi paesi feriti, non può che passare anche da un’attribuzione di responsabilità. Questi 4 anni non possono essere cancellati con un colpo di spugna. Ed è legittimo far valere il proprio diritto ad avere un presente e un futuro, il diritto ad una sicurezza abitativa, ad un’esistenza che si possa definire decorosa. Finora tutto ciò è stato negato. Strasburgo è una possibilità di giustizia anche per il post-sisma del Centro Italia?
© Giulia Scandolara