Sono ad Amatrice, mentre tutto il cratere si prepara a ricordare le vittime del terremoto che ha colpito il Centro Italia nel 2016, in questo 24 Agosto. Sulle pagine Facebook degli abitanti terremotati compaiono articoli, video, una profusione di parole. Alcune sono scritte da giornalisti che accorrono nel Centro Italia terremotato solo per la celebrazione del 24 Agosto. La messa sarà tenuta dal Vescovo di Rieti Mons. Domenico. É l’evento della settimana, per la stampa nazionale, che molto probabilmente scomparirà a fine giornata. Amen.
Mi sono interrogata a lungo su dove concentrare l’attenzione, per questo giorno delicato, di rara fragilità, al fine di raccontare nervo centrale del post sisma. Da un anno raccolgo la rabbia, la frustrazione delle persone, attraverso lo strumento dell’ascolto.

Nessuno qui trova pace, nè i morti nè i vivi. Da questa amara realtà vorrei rimarcare l’affetto per un’Italia invisibile, che non solo soffre, ma che lotta oltremodo contro le dimenticanze dei governi.
“Poi, a un certo punto si è rovesciato il mondo” mi dice un abitante. Ieri ho sentito questa frase sia ad Amatrice che a Campi. Le emozioni del cratere sono ovunque le stesse: amarezza, dispiacere, frustrazione. Non c’è più tempo per le speranze di quei cittadini che da 4 anni si sentono chiamare “terremotati”.

Ci si chiede, oggi, che Governo sia, quello che non restituisce dignità nemmeno ai morti. Da Norcia a Fonte del Campo, da Ussita a Campi. Entro 4 regioni i cimiteri sono accomunati dalla distruzione dell’etica umana. Si assiste, qui, è un crimine contro l’umanità, protratto e perpetuato. Niente di meno.
Uno dei cimiteri più straziati è forse quello di Fonte del Campo. I loculi in poliuretano espanso hanno sostituito quelli in muratura. Una signora mi spiega che per il riconoscimento delle salme, dopo le scosse, sono venuti degli esperti da Macerata. Qui, su questi nuovi loculi in plastica, nessuno ha previsto un vaso, per riporre dei fiori. E non c’è nemmeno spazio per la foto del defunto.

Semplici fogli A4 sono stati plastificati dai famigliari e testimoniano, ancora, il trattamento riservato ai cittadini terremotati. Non c’è alcuna affezione per la vita umana. Qualche tenace parente ha incollato ai loculi dei vasi, utilizzando del silicone. Altri, più rassegnati, hanno infilato i fiori destinati ai propri cari nelle fessure presenti tra un loculo e l’altro.
Niente è al suo posto, nè il passato, nè il presente, men che meno i vivi e i morti. Di conseguenza non vi è futuro. Da dove dovrebbe iniziare la ricostruzione, se non dal rispetto per i cittadini?

Non è diverso, lo scenario, per un cimitero di rara bellezza come quello monumentale di Ussita (MC). Si trova così abbandonato da essere meta dei cinghiali, che più volte si sono aggirati indisturbati fra le tombe sconquassate. L’erba è alta, il monte Bove osserva l’ingiustizia come un testimone impotente.

Non viene risparmiato nemmeno il cimitero di Campi (Norcia). Resta nascosto dalla Chiesa di San Salvatore, anch’essa distrutta, riparata dalla pioggia da un’ingombrante struttura metallica. Lo scopro per caso, un anno fa, percorrendo il breve sentiero a fianco della chiesa. Chi invece passa in macchina, sulla strada principale scorre via senza aver modo di vedere.

A lungo mi sono interrogata su come poter scrivere dei cimiteri del cratere, senza ferire la sensibilità di alcuna persona. Ho rimandato, nei mesi, fino a che mi sono detta che la vera ferita è non parlarne. Lo stesso vale per l’intero post sisma 2016. La vera sofferenza è il silenzio appoggiato al rumore del disastro. Di questo, però, non ha colpa il terremoto.
© Giulia Scandolara