L’unico punto che i due hanno in comune, entro variabili differenti e imparagonabili, sono le vittime. Ricostruire un ponte è rimettere in sesto un tratto di cemento già noto. Ricostruire entro 4 territori diversi, dopo un terremoto é un’ annosa sfida sociale (oltre che economico-politica), un’incognita presente ad ogni post-sisma, non solo nel terremoto del Centro Italia.
Il Governo non ci è ancora riuscito, a ricostruire la vita delle persone. Questa è la vera ricostruzione, la vera prova, attraverso la ricostruzione delle case dopo un sisma. Se il ponte Morandi evidenzia l’efficacia, la celerità di un processo edile, il terremoto evidenzia tutte le difficoltà di stare vicini ad un processo di ricostruzione umana, sociale oltre che politica e burocratica, meramente connessa agli edifici.
Con il ponte Morandi il Governo ha vinto una battaglia, nel terremoto ha perso la guerra. Verrebbe da dire: “ti piace vincere facile eh? Vieni, vieni qui a ricostruire se sei capace, caro Governo. Dimostracela anche quí la tua alleanza con le ferite del Paese.” Ma paragonare due disgrazie è solo cadere in basso. Non esiste un dolore più o meno urgente, importante, un dolore che è meno o più dolore. Il dolore è ovunque solo dolore.
Con il ponte Morandi non si è solo ricostruito un ponte, si è aggiunta un’ennesima tacca alla totale disattenzione della politica verso il cratere terremotato.
Ancarano
È GRAVE PER DUE MOTIVI
Arriverà un giorno in cui il terremoto in Centro Italia non sarà più così invisibile agli occhi della gentenon terremotata, come lo è ora. Arriverà un giorno in cui il terremoto sarà un tema nazionale. No, non perché gli Appennini sono belli, sono bravi e – bla bla bla – vanno salvati. Tenetevelo, cari politici, questo tentativo mediocre di “trovare un blando motivo” per parlare poco seriamente di ricostruzione.
Arriverà un giorno in cui il terremoto sarà un tema nazionale perché l’Italia vedrà di cosa è capace la sua classe politica, si renderà conto di cosa ha fatto ai suoi cittadini. Sarà nazionale per tutte le voci amare che nel cratere si affossano.
Ed è già ora un tema nazionale, il terremoto, proprio per questi ignobili motivi: mafia, speculazione, istigazione all’odio fra la gente, divisione, rovina e spreco del paesaggio del territorio. Queste voci sono più forti ed hanno “più voce in capitolo”.
Quando questo accadrà, quando il terremoto sarà chiaramente visibile nella sua stratificata complessità, a crollare non sarà un ponte, sarà l’intera politica italiana.
C’è infatti una cosa da tener presente e ce l’ha insegnata il COVID-19: anche la Lombardia può trasformarsi in un “cratere terremotato”. Anche chi è forte crolla. Anche chi sembra forte ha punti deboli. E la vita resta in fondo davvero imprevedibile. Tutto può cambiare in pochi istanti. Questa sì, è l’unica cosa che hanno in comune il ponte Morandi e il terremoto.
Fra poco più di 20 giorni ci sarà la ricorrenza di quel 24 Agosto, la prima di tre giornate che hanno per sempre cambiato la vita di 4 regioni e dei suoi abitanti. Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo non saranno infatti più le stesse, dopo la distruzione del 24 Agosto, poi del 26 e del 30 Ottobre 2016. Le scosse seguiranno anche nel Gennaio 2017.
Da quel 2016, per 4 anni e fino ad ora, le persone si sentiranno chiamare terremotati. « Non la posso più sentire questa parola. Ti resta addosso e non te la levi più. Ero una persona, una persona che ora ricordo come fosse un vecchio amico» mi dice un ragazzo delle Marche.
2020: QUANTO MOVIMENTO
Dagli inizi di quest’anno sono accadute molte cose per il Centro Italia del post terremoto ma, di fatto, manca ancora una reale considerazione della fragilità umana, dopo un disastro. Manca inoltre una “messa in sicurezza” delle persone. Non vi è concretamente, e in generale per tutti i cittadini, vista l’omissione della premialità nella recente legge sul SismaBonus al 110%:
«sottolinea l’Associazione ISI, Ingegneria Sismica Italiana, scompare anche la base del calcolo dell’esposizione economica dello Stato dopo un terremoto, ponendo così sullo stesso piano tutti i tipi di interventi strutturali fatti dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021. (…) Inoltre, l’eliminazione della premialità è un’occasione sprecata per sensibilizzare le società nei confronti del rischio sismico.» L’Associazione ha specificato in un comunicato stampa dell’8 Luglio tutti i motivi per cui ciò è da considerarsi un grave passo indietro per la tutela della cittadinanza. «Di fatto, in sintesi, (rende) antieconomico intervenire in maniera efficace e performante (sugli edifici)» , scrive il Presidente, Andrea Barocci. L’effetto “collaterale” è che non vi è tutela della vita umana, ancora, nonostante questi anni di distruzione. Non solo quelli delle scosse, bensì (soprattutto) quelli del post sisma.
SE LA MEMORIA NON DIVENTA INSEGNAMENTO
Non vi è alcuna lezione appresa che dia senso alla sofferenza, quella causata dalle delocalizzazioni, dall’abbandono, dalle sfide impossibili per mano della burocrazia. Anche la Corte dei Conti è infine dubbiosa su una ricostruzione post sisma lenta e farraginosa.
A cosa serve inoltre una ricorrenza, quando la legge non tutela pienamente dal rischio sismico? A cosa serve onorare una data simbolica, per poi perseverare nella dimenticanza delle persone, tutto l’anno?
«Adesso aspetta che arrivi il 24! Tutti che improvvisamente si ricorderanno che esiste il terremoto! Siamo pure sotto elezioni! Voglio vedere quest’anno chi ha il coraggio di fare le passerelle, qui» , urla un’imprenditrice della Valnerina.
DA QUALCHE MESE SEMBRA CHE PARTE
Il terremoto è nella mente, nella pelle non solo per le scosse, bensì per la burocrazia. La ricostruzione procede a rilento e i cittadino lo denunciano da anni.
Il 16 Febbraio 2020 , dopo 3 anni e più di stallo, viene però nominato il quarto commissario alla ricostruzione. È l’Avvocato Giovanni Legnini, il cui consenso nel cratere è decisamente alto fra la popolazione, sfinita, desiderosa di un futuro. «Altro che Farabollini!» esclama verso Giugno una signora di Norcia, ricordando il precedente commissario. « Questo, secondo me “fa”. Sì certo, sono sempre tutti sui social, però si vede che è uno in gamba.» Si riferisce alle copiose dirette streaming attraverso le quali il commissario si mette in contatto con gli attori del territorio, ora i comitati, ora sindaci del cratere, o altre realtà come CGIL Marche (per parlare di appalti e infiltrazioni malavitose).
UNA PAGINA DELLA STORIA
Per il terremoto i mesi che volano da Febbraio a ora rappresentano una pagina storica per molte ragioni. Arriva il Covid-19 e segna “la Storia” con la “S” maiuscola. Tocca però anche la storia locale delle persone, entro una doppia emergenza che rende impossibile il distanziamento sociale nelle SAE. Le piccole soluzioni abitative di emergenza rendono impraticabile il famoso monito “Io resto a casa”. Ma per la prima volta dopo anni, anche se per pochi minuti, è il virus, a riportare l’attenzione nazionale sul cratere terremotato in maniera significativa.
Alcuni villaggi SAE ai piedi di Camerino
« Con il terremoto potevamo abbracciarci. Questo virus ci ha definitivamente annientati. Sono anni che siamo isolati, ma il Coronavirus è stato forse pure peggio del terremoto, almeno per me. Adesso sono tutti più impauriti. Chi parlava di ricostruzione non dice più nulla». Sono a Castelsantangelo sul Nera e chi mi parla è una piccola commerciante, nei container non distanti dalle SAE e dalle macerie del paese.
UNA RICOSTRUZIONE SOCIAL
Sempre nel 2020 per la prima volta, a causa di questa chiusura dal mondo reale, i cittadini del cratere hanno avuto modo di assistere ai dialoghi che “fanno la ricostruzione” anche se questo, sia chiaro, non è sinonimo di “ricostruzione”. Le dirette streaming del commissario sono però un vero e proprio spartiacque per chi vuole seguire i processi che lo mettono in contatto con il territorio e i suoi protagonisti, dai sindaci ai comitati. Alcuni non se ne perdono nemmeno una per altri, «sono sempre le solite chiacchiere» come mi dice una ragazza di Accumoli.
LE CREPE
Si trema quando, a fine Maggio 2020, il nome del commissario viene ritrovato nelle intercettazioni fatte a Luca Palamara, ex consigliere de Consiglio Superiore della Magistratura, indagato a Perugia per corruzione e nomine truccate all’interno dello stesso CSM. Le ultime notizie a riguardo risalgono al 10 Giugno 2020: «Il cerchio magico del “pr” Palamara: da Fracassi a Legnini. Se il Quirinale c’è batta un colpo». Nessuno però ne parla più. I cittadini del cratere hanno bisogno di sperare, oltre ogni cosa, per portarsi in avanti, superando questi anni e punto.
Dei due (Palamara e Legnini) “sotto la stessa notizia” non si avrà più traccia. Al 25 di Giugno Il Messaggero registra le amarezze del commissario in un articolo riguardante le «conversazioni che Legnini avrebbe avuto con l’ex condirettore della Popolare di Bari, Gianluca Jacobini, finito ai domiciliari proprio per il crac dell’istituto bancario che ha assorbito Tercas e Caripe.» Ma non è una vicenda interessante per l’area del post sisma. Tant’è che oltre le voci che già gridano allo scandalo, molte associazioni rilanciano un “pieno sostegno” per il lavoro del commissario.
A fine Giugno la precarietà degli abitanti del cratere è ulteriormente minata dal taglio del CAS (Contributo di autonoma sistemazione), previsto solo per alcuni. Nell’Ordinanza 670 della Protezione Civile è infatti contenuta una disparità di trattamento tra terremotati per cui il Comitato La terra trema noi no, insieme a un pool di avvocati, farà ricorso al TAR il 4 Agosto. Spiega CentroPagina: «Rischiano di perdere il contributo di autonoma sistemazione tutti i terremotati che hanno comprato casa prima del 2019 nel comune di residenza, in uno dei comuni limitrofi o nel comune in cui si erano trasferiti». Ad ogni brutta notizia, la stabilità interiore è messa a dura a prova e stare traquilli sembra del tutto impossibile. « Ormai ci siamo abituati» mi dice G. che è di Pretare, un tempo “il paese delle fate”.
Quello che resta di Pretare. Due manichini fanno la guardia alle macerie ( foto: Dicembre 2019)
La sfida più grande, per le istituzioni, è forse riconquistare lafiduciadelle persone. «Ne abbiamo viste troppe» continua G «ognuno è arrivato, ha fatto le sue promesse.Come fai a credere ancora a questa gente? Che ce lo dicano: “non vogliamo ricostruire”. Così almeno siamo liberi di decidere, capire cosa fare». C’è chi vuole sperare oltre ogni ragionevole dubbio, chi invece ha già smesso da un pezzo.
Agli inizi di Luglio viene invece bocciato il pacchetto Sisma al Decreto Rilancio . Si tratta di un duro colpo per i cittadini, ma non tardano ad arrivare le rassicurazioni del commissario. Al 17 dello stesso mese, nel Decreto Semplificazioni passa una parte del pacchetto Sisma e dopo un’impennata di ira, torna per un attimo il sereno. Nel cratere è tutto così, un saliscendi di colpi di scena burocratici a cui corrispondono continui sbalzi e sollecitazioni interne.
Infine sembra che intanto a Palazzo Chigi si creino le premesse per il sospirato testo unico sui terremoti, un testo che possa fare tesoro degli insuccessi del passato.
QUALI CONCLUSIONI
Si vuole provare infine a riepilogare alcuni punti noti, affichè dopo questo 2020 si possa pensare a nuove traiettorie che tengano realmente conto degli insegnamenti del passato.
Esiste un catalogo dei forti terremoti, frutto di preziosi anni di ricerca. La memoria dei terremoti ci insegna a conoscere il suolo, la natura del suo scuotimento. Possiamo intendere il ripetersi del sisma nell’interno Paese, a ridosso delle faglie, le fratture della crosta terrestre. Dopo anni pare si ragioni seriamente ad un testo unico, un quadro di norme che orienti in modo definitivo le ricostruzioni dei vari post sisma. Sono ancora in corso quelle di L’Aquila e dell’Emilia-Romagna.
Case e suolo: non basta occuparsi dei danni agli edifici o dello scuotimento del terreno. Gli insegnamenti, in questi anni, in questi secoli, non parlano solo di edifici e territori. Manca il fondamento dell’urbanistica, del tessuto sociale: la vita delle persone. Ci si chiede se non sia arrivato il momento di dedicarsi seriamente anche alla cittadinanza. Quel 24 Agosto, in arrivo per il quarto anno, non servirà a nulla, senza una memoria degli abbandoni, delle ferite, dei traumi.
CIO’ CHE NON SI RICORDA SI RIPETE
Cosa sia accaduto alla mente delle persone, in questi anni, dovrebbe essere la domanda alla base di una ricostruzione sociale. Questa invece latita, manca. Come hanno fatto, i cittadini terremotati, a portarsi oltre il terremoto, la burocrazia, il Covid-19, le speranze tradite?
Forse è tempo di chiedere alle cittadinanze ferite dai vari terremoti, cosa si possa apprendere dalla loro esperienza. Affinché l’abbandono non torni, dopo un ulteriore arduo 2020, serve la cura della memoria, chissà, forse attraverso un fondo o un catalogo, composti dalle voci dei crateri. Come si eviti l’invisibilità dei coinvolti, dopo un disastro, dovrebbe essere argomento dibattuto dalle istituzioni tanto quanto l’aspetto tecnico e normativo.
Oggi la ricostruzione privata del Centro Italia stenta a ripartire e ci si chiede perchè. Siamo sicuri che sia solo una questione di edifici, soldi, leggi?
Nuove domande, nuovi atteggiamenti dietro lo sguardo di sempre
In una mattina di neve che a tratti si scioglie RIFLETTO SU COSA POTEVA ESSERE FATTO IN 4 ANNI dentro e soprattutto fuori dal cratere, tutto ciò che in sostanza NON É STATO FATTO.
Si tratta di azioni, atteggiamenti di cura, più che meri protocolli:
1) POTEVA essere svolta una sonora campagna di sensibilizzazione entro tutte le piazze nazionali relativamente al rischio sismico per parlare di terremoto chiaramente, trattandolo come un tema nazionale e non un problema locale del Centro Italia, spiegando chiaramente come il terremoto riguardi tutti gli italiani, perché l’Italia è sismica da capo a piedi. Questo significa in primis coinvolgere le persone parlando loro dei danni non solo indiretti (case ed economia) ma del trauma a cui si è sottoposti in caso di rischio sismico.
LE PERSONE, DI GRAZIA, CE LE SIAMO DIMENTICATE?
Ricordo che il trauma non solo modifica il cervello della persona. Ricade infatti sul sistema famigliare per tre generazioni, perché resta come memoria genetica ed ereditaria. Ricordo inoltre come, a livello epigenetico (relazione fra geni e ambiente), chi è “calato”, immerso continuativamente nell’ emergenza, nella situazione traumatogena non può mai risolvere completamente il trauma del sisma e del post.
Non considero personalmente esaustive per l’interesse globale della cittadinanza italiana le comunque importanti campagne “Io non rischio“, le giornate di Alfabetizzazione sismica di INGV, perchè trattano solo una parte dell’argomento, ovvero rispettivamente il tema delle case e l’evento geofisico (fra le varie attività si notano conferenze, mostre, tombola scientifica). Non è risposta esaustiva alla tutela della cittadinanza, a mio personale avviso, nemmeno la Giornata Nazionale di Prevenzione sismica.
Non sono passabili le “lezioni” sul terremoto fatte nelle scuole e basta, in merito al mero rischio sismico e alla ricostruzione. Sono utili ma non bastano. I bambini inoltre hanno imprese? Si occupano di mandare avanti una famiglia a livello economico in momenti di crisi? I bambini hanno una casa, fanno mutui? Non vale inoltre parlare di terremoto solo nel cratere senza, sottolineo, mettere in campo un atteggiamento multidisciplinare.
VALEVA portare il terremoto oltre il terremoto stesso, generando una cultura nazionale sul tema. È stato fatto? Tutti in Italia sanno cos’è il rischio sismico e quali sono le sue conseguenze a livello umano, strutturale e geofisico? Tutti sanno come far fronte alla sindrome da stress post traumatico? Tutti sanno cosa accade a chi prima di un terremoto aveva attivo un mutuo? Tutti sanno che le banche, le istituzioni, sistema sanitario compreso, non tutelano il cittadino? Hanno tutti alla mano l’elenco dettagliato dei diritti che si perdono?
VERSO UNA CULTURA SISMICA
2)POTEVA essere sensibilizzata e informata a tappeto l’Italia intera in merito alla situazione dei terremotati nelle SAE, in merito alle difficoltà UMANE della ricostruzione in concomitanza al tessuto sociale del paese, riferendosi ai mutui sulle macerie, tutto questo non attraverso uno stucchevole buonismo, ma a partire da un punto di consapevolezza: chiunque può trovarsi coinvolto in un terremoto.
Sensibilizzando alla situazione in Centro Italia poteva essere educata l’intera popolazione italiana e si poteva evitare l’abbandono della cittadinanza terremotata, oltre l’emergenza. Tutto il resto dell’Italia fuori cratere poteva così essere informata, davvero e chiaramente, su: vita del cittadino senza una casa, crisi del tessuto sociale, conseguenze di un terremoto non solo come evento geo-fisico, ma anche come fenomeno socio-culturale.
PREPARARSI PER IL FUTURO, INVESTIRE
3) POTEVA essere preparata tutta la popolazione italiana in merito a: conseguenze del trauma da terremoto sulla vita sociale e del singolo, vale a dire “crisi d’appartenenza” e “sindrome da stress post traumatico”.
4) POTEVA essere creata un’equipe di ricerca sul fenomeno sisma a carattere multidisciplinare. Non vale a mio parere farne una a Roma, lontana dal cratere. Non vale a mio parere farla dopo anni di abbandono e terremoti. Andava fatta prima del terremoto, a carattere nazionale, in una zona sismica come quella del Centro Italia, dove poteva generare ricerca sul campo e studio della prevenzione a servizio dell’intera popolazione italiana. Andava fatto quindi un polo di ricerca con antropologi, filosofi, personale sanitario, geologi, ingegneri, storici, professori di sismotettonica. No, due psicologi e un sociologo non bastano.
Se domani arrivasse un terremoto lo affronteremmo ancora senza preparazione. A chi giova tutto ciò?
5) POTEVA essere dato lavoro a molti giovani (antropologi, esperti dell’ascolto, mediatori culturali…), creando non già il business del terremoto ma un corpus virtuoso, esperto e attivo in tema di “coscienza antisismica“, pronta per entrare in azione nel successivo passaggio di ri-costruzione del tessuto sociale.
INIZIARE A RISPONDERE A NUOVE DOMANDE
Ci sono domande che ancora non abbiamo frequentato abbastanza, abbastanza da ottenere non già delle risposte definitive al sisma, ma un inizio di orientamento al futuro. Come si ricostruisce un tessuto sociale? Come si torna ad appartenere dopo un disastro?
6)POTEVA essere creato – da parte delle istituzioni – un dialogo continuo e di riflessione con la popolazione coinvolta al fine di raccogliere idee e interazioni proattive nella riprogettazione del tessuto sociale.
Sono i terremotati, ad avere ed essere le coordinate del tessuto sociale. Si veda il progetto C.A.S.E. imposto all’Aquila: ha distrutto quel poco di umanità rimasta.
UN’INFORMAZIONE RESPONSABILE
7)L’informazione stessa POTEVA sensibilizzare alla “cultura del terremoto”, una forma vivente più lunga e radicata della mera notizia, per giunta sempre volutamente parziale. Se si parla solo di ricostruzione per 4 anni… a voglia a far capire la realtà delle cose al popolo.
Se si parla di persone, ma senza assicurarsi di raggiungere un pubblico in modo continuativo, a voglia a citare gli ultimi dati sulla mortalità. Con chi stiamo comunicando? Stiamo parlando, certo, ma stiamo anche comunicando e informando qualcuno? Chi esattamente? Riusciamo inoltre a “contagiare positivamente” il comportamento del presunto interlocutore? Vista la scarsa percezione del problema fuori dal cratere, non direi.
SI POTEVA IMPARARE IL RISPETTO
9) Si POTEVA sistemare i cimiteri. Non sono abitazioni e servono per garantire il mantenimento della nostra integrità psichica. Molte persone non possono andare a trovare i propri cari, molti si ritrovano con una tomba di famiglia distrutta e irraggiungibile.
10) POTEVA essere chiesto ai terremotati di parlare in prima persona su piattaforme digitali a tutta Italia, con l’aiuto di una buona mediazione culturale, senza sciupare la conoscenza delle persone autoctone, senza votare la loro vita all’invisibilità ma investendola in una rete di facilitatori. Questo POTEVA rappresentare per alcuni una risoluzione più rapida al trauma. Non è resilienza bensì proattività.
TUTTO QUESTO PERÒ NON É STATO FATTO
Ne ho pensate solo alcune, di cose che si potevano fare. Invece niente di tutto questo è stato fatto ed il tempo è passato. Ora tutto si accumula, sotto il peggiore dei Virus.
La gente vive nella macerie, pochissimi italiani sanno della situazione in Centro Italia e cosa sia il rischio sismico. Trionfa il nulla, la scarsità informatica, la politica dell’abbandono.
Invisibili si diventa quando ci tolgono l’attenzione e la parola, quando non ci lasciano il tempo per spiegare le cose come stanno. Per capire la condizione umana di chi vive nel terremoto non bastano 3 minuti di servizio “fatto per pezzi di verità”, in un paese che nemmeno sa cosa sia il rischio sismico. L’ informazione è responsabile?
Si smette di esistere agli occhi degli altri quando, piano piano, si viene lasciati sempre per ultimi. Stampa, Governi: lo fanno apposta, oppure hanno seri problemi a svolgere bene il proprio lavoro?
COMUNICARE A MEZZA BOCCA
Elisa Ansaldo, giornalista licenziatasi dalla RAI, raccontava così la verità dell’informazione:
“Io lavoro nel servizio pubblico delle notizie e mi capita di assistere a scene tipo questa: redazione, arriva la notizia. Panico, panico! Che facciamo? La diamo? Non la diamo? Ne diamo mezza! Così magari se uno è fortunato, a casa da qualche parte ne vede l’altra metà…Noi l’abbiamo data, la notizia… Idea! Diamo la reazione alla notizia ma non diamo la notizia…”.
Si veda tutti i servizi che raccolgono il malessere dei terremotati e lasciano la situazione, i suoi dettagli in sottofondo. La notizia è comprensibile benissimo ai soli terremotati.
NON ESISTE COMPLETEZZA DELL’INFORMAZIONE: NON SI PERCEPISCE IL PROBLEMA
Avvalendoci del diritto di critica, riflettiamo sulla maggior parte dei servizi e trasmissioni che parlano ormai da 4 anni di terremoto. Ecco, dopo 4 anni avranno ottenuto dei risultati giusto? Dopo 4 anni di impegno profuso del loro lavoro nel cratere, tutto il popolo si sarà interessato al terremoto,no ? No.
Giornalista anonimo: “ il terremoto ormai non fa più notizia.”
LA MANOMISSIONE DELLA REALTÁ
Quelli che parlano solo di ricostruzione da anni, poi arriva il Coronavirus e sono obbligati a parlare dell’argomento. Vediamo i vizi di forma.
Parlare solo di decreti e case per anni significa non dare voce all’altra ricostruzione che dovrebbe davvero esserci: la ricostruzione del tessuto sociale e delle persone.
AH, GIÁ! BISOGNA PARLARE ANCHE DI PERSONE
Ci tocca, è arrivato il Coronavirus. Il servizietto sul Coronavirus dove andiamo a farlo? Andiamo nelle SAE, anche se ne abbiamo sempre parlato a «spizzichi e bocconi». Possiamo usare la sofferenza delle SAE, ma non diciamo chiaramente che si è confinati nelle SAE da 4 anni. Diciamo che sì che si è isolati nelle SAE ma colleghiamo di più il fatto al Coronavirus. Così al terremotato pare che noi di SAE ne stiamo parlando. Lui tanto sa bene di cosa si tratta e sa leggere la notizia, ha tutti i riferimenti.
Gli altri?
Delle casette dobbiamo per forza dire qualcosa, ma non spieghiamo chiaramente il contesto. Così chi da 4 anni non ne sa niente, continua a non saperne niente.
CAPISCE SOLO CHI É COINVOLTO
Si beh, non ha molto senso spiegare le cose a chi già le conosce. Ma non vorrai mica che si sappia davvero, in modo esaustivo e completo, la condizione umana nelle SAE? Quella si chiama denuncia sociale, quello è vero giornalismo d’inchiesta. A noi basta dare un po’ di emozione a chi ci guarda sempre.
L’IMMAGINE CANCELLA PIU’ DI MILLE PAROLE
Quelli che: usano un’immagine di denuncia, senza spiegarla davvero, poi apri l’articolo e si parla ancora di ordinanze e… ricostruzione! Ma una voce ai terremotati glie la vogliamo dare davvero, o vogliamo solo fare notizia?
Invisibili si diventa a suon di disinformazione. I terremotati sono invisibili da 4 anni perchè questa maledetta parola (ricostruzione) non l’ha capita nessuno, fuori dal cratere. Dopo 4 anni questo vuoto comunicativo è responsabilità di qualcuno.
Il rischio è un valore da acquisire e integrare a livello sociale. Sembra paradossale ma bisogna imparare ad amare il rischio. In che senso?
AMARE IL RISCHIO SIGNIFICA CALCOLARLO NELLA PROPRIA ESISTENZA E QUINDI IMPARARE A TUTELARSI.
Non amare il rischio, cosa che accade entro ogni governo in merito al terremoto, significa rimanere scoperti nelle difficoltà. Con il Coronavirus il Governo sta amando il rischio. Se lo ignora e non lo calcola non può proteggere i cittadini.
PARLIAMO UN ATTIMO DI RISCHIO SISMICO
2020:lanciamo allarmi o facciamo prevenzione?Già nel 2015 si diceva che le stime del rischio sismico richiedevano nuovi modelli di prevenzione.
🎗2015: 23°giornata dell’Ambiente all’Accademia Lincei. Roma TEMA: CARENZA DELLA MAPPA DI PERICOLOSITA’ SISMICA
CHI PARLA: Giancarlo Neri, Professore Ordinario di Geofisica della Terra Solida (SSD GEO/10, Settore 04/A4), Dipartimento di Fisica e di Scienze della Terra, Università degli Studi di Messina.
La carta di pericolosità sismica è prodotta e ufficializzata nel 2004 e serve per capire comprendere quali zone sono più di altre sottoposte a rischio sismico e in che termini.
Nel 2008 il Governo la adotta per fissare le norme tecniche di costruzione sul territorio nazionale italiano. Peccato per un dettaglio. Si tratta di una mappa dai valori di calcolo deficitari.
QUAL’É LA SITUAZIONE
Deficitaria la mappa = sottodimensionate le norme tecniche nella costruzione delle case. Quali strumenti possono migliorare la mappa di pericolosità sismica?
Ve ne sono diversi:
Metodo probabilistico (quello attuale),
Metodo probabilistico tempo dipendente,
Metodo deterministico,
Metodo neo-deterministico.
In sintesi: ognuno a suo modo è perfettibile e deficitario allo stesso tempo in una sua parte.
QUAL’É IL PROBLEMA
Quale metodo impiegare a livello nazionale per costruire bene in relazione al rischio sismico e tutelarci? Ne esiste uno migliore degli altri? Quale usare dal momento che sono tutti utili entro diverse circostanze ed entità di scuotimento della terra?
Ogni metodo ha inoltre una ricaduta economica differente in relazione alla costruzione degli edifici.
Sono interessanti più che mai le parole spese dallo stesso Giancarlo Neri in quel già lontano 2015:
«Ci sono dei metodi che andrebbero utilizzati dalla società scientifica e non rifiutati nel momento in cui si cerca di fare un percorso comune nell’aumento dell’efficacia delle attività di prevenzione».
Questo percorso COMUNE fra varie scuole di pensiero ad oggi sembra non essere stato ancora iniziato. Perchè? A chi giova? Quanto realmente si sta facendo ricerca in merito a questo?
Gli italiani sono sottoposti a rischio sismico e non ne sanno molto. Anzi, niente.
Cosa significa «rischio sismico»?
Nel nostro paese c’è possibilità che arrivi un terremoto quasi in tutte le regioni. Alcuni terremoti possono essere meno impattanti, altri altamente distruttivi.
I danni dipendono:
dall’accelerazione del suolo,
dalle faglie (fratture della crosta terrestre)
da come si è costruito – più o meno antisismico o no- in relazione ai due fattori suddetti.
Ci siamo fino a qui?
Pochi italiani percepiscono il rischio di un terremoto e le sue terribili conseguenze (causate soprattutto dalla malagestione delle istituzioni) perchè:
la cittadinanza italiana non si sente a rischio, quindi non si interessa a riguardo,
la cittadinanza italiana non è sufficientemente informata, in modo semplice e diffusivo dagli organi competenti
la cittadinanza italiana non sa che l’Italia è soggetta a terremoti così come ogni soggetto è esposto alle malattie
delle malattie ci si preoccupa, dei terremoti no perché forse non fanno abbastanza tendenza, anche se la speculazione che ne deriva è altissima.
Sarà per quest’ultima voce che non ci “strappa le vesti di dosso” per far capire agli italiani l’esistenza del rischio sismico? Sarà perché è materia ostica? Ma cosa è ostico, difficile da capire, del terremoto?
Arriva un terremoto e causa:
danno diretto (distruzione degli edifici)
danno indiretto (le perdite economiche)
danno umano (il trauma, che se non curato si trascina nel tempo)
Se in effetti tutta la cittadinanza italiana non sa niente di terremoto ci si può continuare a speculare in santa pace. Il cemento è la prima fonte di speculazione ma non è l’unica.
Se ti trovi dentro a un sisma però, scopri in una volta sola tutto quello che ti viene tolto: indipendenza economica e sociale, relazioni, affetti (persone e cose),diritti, salute, casa, lavoro, passato, presente e futuro.
Non percepisci il rischio: è un problema tutto italiano
Una società che non percepisce il rischio dei terremoti, in un paese sismico da capo a piedi, si costruisce una fossa attraverso la propria ignoranza, giorno per giorno. Qualcun altro farà la tomba.
Cosa puoi fare?
Puoi informarti sui danni, puoi iniziare a rifletterci in tempi di pace, puoi contagiare gli altri a parlarne. Purtroppo le istituzioni stesse non si sono mobilitate un granché per tutelare i cittadini.
Capisci la gravità e le conseguenze di questo?
Intendere una volta per tutte che non si tratta di un evento eccezionale è di primaria importanza.
Se resti coinvolto:
in caso di terremoto non c’è ancora una legge quadro che tuteli le persone
non hai assistenza sanitaria al trauma nel lungo periodo
se vivi in un posto già isolato potresti ritrovarti ancora più isolato
se hai un mutuo su casa o attività potresti trovarti a pagare un mutuo sulle macerie, con interessi di mora, perché non ci sono linee guida dettate agli istituti bancari
Non è un evento straordinario
Dieci terremoti catastrofici in Italia nell’arco di 50 anni non possono dirsi un evento straordinario.
I terremoti sono un rischio non calcolato dalle istituzioni stesse. A chi giova? Chi ne paga le conseguenze?
Sicilia Occidentale (Belice): 14 Gennaio 1968, magnitudo 6.1
Friuli: dal 6 Maggio 1976/15 Settembre 1976, magnitudo fra 5.8 e 6.0
Tra Campania e Basilicata (Irpinia): 23 Novembre 1980, magnitudo 6.9
San Donato Val di Comino( Sora, Abruzzo, Lazio, Molise): 7/11 Maggio 1984, magnitudo 5.9
Sicilia (Carlentini): 13 Dicembre 1990, magnitudo 5.7
Umbria, Marche: 26 Settembre 1997, magnitudo 6.0
Molise: 31 Ottobre 2002, magnitudo 5.7
L’Aquila: 6 Aprile 2009, magnitudo 6.3
Emilia: Maggio 2012, magnitudo 5.9
Italia Centrale: Agosto 2016/Gennaio 2017, magnitudo 6.5
Siamo tutti l’altro di qualcuno, quindi a volte ci tocca essere lupi, tutti.
Nel terremoto però «l’altro» è sempre e solo chi viene da fuori, un invasore, colui che depreda, colui che da fuori arriva e appare come chi vuole risolvere le cose. In parte avviene perché così si è sempre comportata la politica.
Nel mio lavoro non tutti i professionisti sanno che la coscienza non si può curare perchè è un processo. Nemmeno la psicologia lo ammette. Questo perché è più facile dire che ci sono delle cure,è più facile affidarsi a strategie, mentre in molti casi, no, non si ha nemmeno idea da dove cominciare.
Sarebbe più onesto dire che non si sa cosa fare perchè è una nuova pagina della storia.
Le persone non si possono risolvere, quando sono rotte dentro. La coscienza è un processo, esattamente come la fiducia merita e richiede tempo per essere costruita e frequentata.
Dove ha fallito chi è venuto fuori dal terremoto, con nuove soluzioni?
Chi viene da fuori molto spesso vuole proporre la sua attività, senza interessarsi minimamente alle persone, senza parlare con loro, non del terremoto e basta, ma della vita in generale.
Il vizio di forma è dato dal fatto di credere che la soluzione è solo in un piano che va attuato. Invece bisogna scendere nella relazione, proponendo –goccia a goccia – delle possibilità che vanno sempre valutate con l’altro. Si chiama interdipendenza ed è la sfida umana più grande.
Dove ha fallito chi è dentro il sisma, con vecchie soluzioni?
Chi è dentro il terremoto è ferito. Se anche volesse fidarsi non può farlo perché ha ancora attivo un trauma, una ferita. La ferita impedisce una relazione pulita. Tralasciando gli arroganti, chi ha attivo un trauma molto spesso compie questo errore:
1) si appoggia completamente all’altro, come’è avvenuto con la politica, dimenticandosi delle proprie risorse
2) si appoggia completamente a sé stesso, perdendo contatto con la realtà circostante, realtà che può essere frequentata affinchè l’individuo ristabilisca dei punti di riferimento personali, fuori e dentro il terremoto. Richiudendosi su sé stessa la persona evita il processo di miglioramento della ferita. E’ un miglioramento naturale, quello che nasce quando si passa del tempo buono con qualche altro essere umano
Il terremoto non si risolve, va amato
A distanza di tre anni nessuno ha pensato alle conseguenze del trauma subito dalle persone. È più immediato pensare alle case, anche se abbiamo visto che le complicazioni sono state infinite quanto la stupidità umana.
Possiamo allora capire quanto sia difficile affrontare il tema del trauma, dopo 4 anni,dopo che nessuno ha mosso praticamente un dito a livello generale, in 4 regioni. Non parlo di iniziative singole, parlo della ricostruzione dei tessuti sociali dei paesi.
Non si tratta della quotidianità ristretta a cui le persone si sono dovute abituare. Si tratta di una complessa riabilitazione alla vita a cui le persone hanno diritto. Se però questo tassello resta ancora invisibile, come sta accadendo, nulla è possibile.
Fallire è solo una parte della relazione
Il fallimento è vitale, perchè rappresenta tutti i tentativi degli esseri umani di stare in contatto fra loro. Se si continua a frequentare le persone, si fallisce entro un aspetto della relazione, una sua sfumatura. Non si è fallito in relazione al tema, perchè si è rimasti presenti. Si può sempre ricominciare.
Se si fallisce smettendo di entrare in relazione, allora tutti i giochi sono finiti.
Esistono e perdurano alcuni vizi di forma che certamente hanno contribuito a rendere il tema poco interessante per l’Italia. Per tali motivi il tema interesserà sempre meno:
COMUNICAZIONE: il sisma crea banalmente e da sempre “due Italie”, una coinvolta ed un’altra che, più passa il tempo, più si allontana in termini di interesse e coinvolgimento.
RICOSTRUZIONE, DIRITTI: il terremoto è affrontato e restituito agli italiani prettamente attraverso la parola “ricostruzione”. Il suo significato è chiaro solo all’interno del cratere. Nessuno invece ha finora parlato delle violazioni dei diritti umani (in relazione alla Costituzione Italiana, alla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, alla European Convention on Human Rights). Non solo. La ricostruzione è il dettaglio “di un tutto” più ampio.
PARTICOLARISMO: a tutti gli effetti oggi il terremoto viene socialmente percepito come un problema del Centro Italia e non una tematica nazionale. Cos’è una faglia, come funziona la carta di pericolosità sismica (ammesso funzioni), cosa accade nel terremoto in termini di trauma ( e come contenere gli effetti), cosa avviene in termini strutturali ed economici: lo sanno bene (nel male) solo 4 regioni su 21. Un po’ poco.
Se il tema non interessa non esiste.
É possibile unire (uso con profondo rispetto parole chiave usate da Lei stesso) vita, abitazioni, libertà, economia e far viaggiare per tutta l’Italia una nuova e capillare coscienza antisismica? Ad esempio creando una campagna agile e snella, in grado di contagiare al tema, attraverso parole diffusive?
Inoltre: 1) Dichiarazione dei diritti umani nel terremoto: è un progetto per cui Sisma si sta consultando con i terremotati. Trovare un modo per diffondere il senso di libertà, successivo all’educazione al terremoto, è vitale quanto l’attenzione al fenomeno geofisico
2) Prevenzione a livello nazionale, campagna di educazione e sensibilizzazione al sisma (come evento geofisico, in relazione alla ricostruzione,in merito al trauma, a livello economico e finanziario) nelle maggiori piazze italiane attraverso una comunicazione snella, che sia in grado di coinvolgere e riprendere l’interesse del resto degli italiani. Si arriverà a chiederla attraverso una petizione alle Camere.
3) Indire una giornata nazionale della memoria per le vittime di tutti i terremoti in Italia, affrontando non solo l’evento geofisico ma anche il trauma, l’aspetto economico: aiuterebbe il tema a non scomparire.
Da Dicembre, da quando ho iniziato a scrivere Sisma, il mio tentativo è stato pulire il tema dal particolarismo per incontrare l’interesse del resto dei cittadini italiani.
Sono lombarda. Quando mostro gli scatti del Centro Italia in Lombardia, vedo facce attonite, allibite. Le persone non sanno niente. Niente. Quattro regioni, cittadini su cittadini si disperano per i danni del sisma (e soprattutto delle istituzioni) e nessuno sa niente.
Perchè le istituzioni non hanno ancora pensato e provveduto a fare una prevenzione nazionale in merito, sotto tutti gli aspetti?
Promuovere uan mediazione culturale fra due italie: una coinvolta e una no
Una soluzione per unire le due italie ( quella coinvolta dal sisma e quella quasi ignara del tema) sarebbe una buona mediazione culturale, la traduzione del tema sisma da un bicchiere a uno stagno, da 4 regioni all’Italia intera.
Ad oggi gli italiani, la maggior parte, sanno poco o niente in merito al sisma. Unire l’evento sismico all’informazione sul trauma sociale, informare senza allarmare, diffondere per educare (fornendo risposte ove ce ne sono, indicazioni ove presenti, zone d’ombra per onestà etica) è un atto dovuto all’ intera cittadinanza italiana.
Il terremotato dice sempre “ho preso il terremoto”, come fosse una malattia
Cosa accade nella prevenzione dei tumori, della fibromialgia e altre malattie neurodegenerative? Viene indetta una giornata, bene, dove in ogni maggiore piazza italiana un banchetto parla del tema e vende un prodotto simbolo.
Chi non si ricorda le arance della salute?
Magari non le compriamo, eppure entrano nel nostro inconscio. Sappiamo che il tema esiste, poi un giorno le compreremo o volgeremo l’attenzione anche da quella parte. Tutto questo per dire:
1) questa giornata nazionale non può essere indetta solo nelle scuole. Deve arrivare nelle aziende, alla popolazione, a chi le case le fa e le compra. La Protezione Civile ha generato “Io non rischio“. Non interessa e non coinvolge perchè, ancora una volta non si comprende come interessare la popolazione, si parla di una punta dell’Icebearg e non del tutto, sono escluse, ancora una volta, le persone stesse, quelle che queste cose le hanno passate
2) Se è vero che già esiste una giornata dedicata al sisma (20 Gennaio) è altrettanto vero che essa parla tecnicamente di pericolosità sismica e basta, ma non empatizza. Non parla ANCHE del trauma. Se due o più informazioni utili viaggiano insieme, la comunicazione è più forte.
Le istituzioni devono preoccuparsi di generare interesse fra le persone e non “aver solo qualcosa da dire” come fanno molti professori.
Quando parlo con i terremotati tutti dicono “ho preso il terremoto“. Ad esempio: “Ero a Cascia quando ho preso il terremoto” “io ho preso il terremoto a Visso“.
Il terremoto si prende. Si prende come una malattia.
Questo aspetto non lo può raccogliere nessun sondaggio generato dai tecnici e dai burocrati. Perchè non includere questo approccio (il sisma che si prende, come una malattia) per far comprendere il terremoto agli italiani?
Finora quello che ho potuto riscontrare è che: ricerche, azioni intraprese, studi… tutto ha un grande escluso, l’umanità. L’umanità è sempre troppo lontana da questi lavori.
Chi ascolta trova, chi osserva vede, chi comprende può comunicare. Comunicare non significa dire “io so”. Comunicare, soprattutto in merito al terremoto, è unire le persone, trasformare la percezione dello stato delle cose e permettere alla cittadinanza italiana di affermare: “noi possiamo capire”. Questo è comunicare: un gesto lento e graduale, ma anche rapido e diffusivo.
Fare un terremoto di etica
Questo sisma in Centro Italia, un terremoto che ormai si chiama solo – e in modo fuorviante – “ricostruzione”, è un caso strano, poco compreso dal resto delle regioni, è un tumore alla pancia del bel paese. I dottori si affrettano. Politici, istituzioni, enti.
Si agitano o si addormentano sulle ferite aperte di questo corpo stanco. Hanno cercato pinze, usato farmaci obsoleti e altri strani arnesi, chiamati “proroghe e decreti”. Niente ha funzionato. Eppure erano tutti medici esperti, fitti di conoscenze e titoloni.
Avete parlato con il paziente?
Tutti capaci, tutti opportuni, tutti sapienti, questi azzeccagarbugli politici, questi tecnici del sapere. In effetti quanta sapienza, nel sapere delle Istituzioni. Così tanta, specifica, perniciosa, da dimenticarsi il dialogo con i terremotati. Quindi la sapienza è diventata saccenza.
“Sappiamo noi cosa serve al Centro Italia”, “sappiamo noi qual’è il bene dei cittadini”, “noi si che abbiamo capito le cose davvero importanti per la salute di questa pancia italiana”. I cittadini ringraziano le istituzioni, ma le istituzioni, non hanno capito – in sostanza – cosa serva, cosa sia cioè “a servizio” dei cittadini stessi. Soprattutto, questi abili prestigiatori istituzionali, non hanno ascoltato le voci di chi per anni ha pregato per essere ascoltato, in merito alla propria terra, ai propri diritti. I cittadini hanno chiesto. Hanno chiesto tutela nel lavoro, tutela per le case, tutela per le scuole, tutela per la sanità. Si tratta poi dei diritti di tutta la cittadinanza italiana.
Sono stati trattati come un problema da risolvere
Le persone non sono problemi da risolvere, sono volti, anime da incontrare che stanno diventando sagome sbiadite. In Centro Italia, i cittadini sono stati trattati “come una grana” oppure sfruttati, ingannati a suon di promesse, traditi a colpi di speculazioni.
Se l’obbiettivo è la tutela dei diritti, si garantisce la rotta verso buoni risultati
Nelle terre del sisma si è pensato (e solo pensato) a ricostruire le case, senza riflettere che il tessuto sociale lo fanno le persone, il loro lavoro, la loro presenza entro una rete di servizi funzionanti. “Lo sanno tutti”. No, lo sa chi sta nel basso della vita. Se le persone abbandonano le zone terremotate, i lupi godranno di intonse villette e silenzio. Uno strano modo di concepire la ricostruzione delle aree attorno ai Monti Sibillini, quelli della Laga e quelli dell’alto Aterno.
Nel frattempo però, mentre le istituzioni si dimenano sul corpo ferito del Centro Italia, sta accadendo qualcosa – pare- sotto gli occhi invisibili delle Istituzioni stesse.
Il surplus cognitivo dei terremotati. Cioè? Dalla ferita alla risorsa.
I terremotati sono i maggiori esperti. Sono abili conoscitori dei decreti, sanno ogni vizio di forma della ricostruzione. Hanno nella pelle ogni omissione e violazione compiuta a loro discapito dai Governi. Ti sanno raccontare la storia di ogni abuso e speculazione. Sanno leggere al meglio tutto ciò che è capitato e sono più abili delle istituzioni a capire perché le cose non funzionano. Non solo. Sono gli unici che sanno anche come dovrebbe funzionare la macchina in grado di “rimettere in salute la pancia dell’italia”.
Feriti, a pancia aperta e con un’operazione in corso da 3 anni, si potrebbero operare da soli. No, un attimo. Lo stanno già facendo.
Nelle terre del sisma sono nati gruppi di resilienza sotto ogni profilo sociale. Si organizzano camminate, si puliscono sentieri, si tengono uniti gli anziani, si aiutano altri cittadini a risalire la china, conoscere gli effetti dei decreti, tutelarsi dagli stessi.
Insomma i terremotati sono i massimi esperti tecnici – e soprattutto pratici – delle nefaste aberrazioni causate, non dal sisma, ma dalle istituzioni. Sono anche i caregivers – gli assistenti medici –di sé stessi. Si stanno auto-curando sotto ogni profilo. Tutto mentre la Costituzione e il valore della cittadinanza italiana affonda senza soluzioni di sorta.
Tracciare una linea di confine: la violazione dei diritti umani
Così come il terremoto in Centro Italia si chiama in realtà “catastrofe” (e non terremoto) perchè ha distrutto il cuore di 4 regioni, così come l’invisibilità in merito al tema si chiama “programma di abbandono”, quello che i Governi hanno attuato alla cittadinanza italiana dopo il terremoto si chiama :
TORTURA: sofferenza fisica o morale, grave preoccupazione o molestia, soprattutto in quanto insopportabilmente prolungate
SADISMO: crudele e perverso compiacimento nel tormentare gli altri
Questo non lo ha fatto il terremoto, l’ha fatto lo Stato Italiano, attraverso 3 Governi per oltre 3 anni.
Per questo motivo Sisma promuove ed è al lavoro, in dialogo con i terremotati stessi, per la stesura della prima Dichiarazione dei diritti umani nel terremoto.
Come solo le donne sanno fare: con un surplus di forza che va oltre loro stesse.
Antonella Rossi e Claudia Angeli sono, loro mal grado, delle attiviste sapienti, in grado di enunciare e denunciare le assurdità compiute dalle banche in merito i mutui nelle macerie del terremoto.
Dove lo Stato non arriva
Antonella e Claudia rappresentano tutti gli italiani. Gli italiani che fanno un mutuo per lavorare, vogliono aprire un’attività, investirci la vita, il tempo, la famiglia.
Questa è un’Italia segreta, anzi no, segregata a chiave, che non sale mai sulle prime pagine. È un’Italia che lavora, si addormenta davanti alla tv dopo un monte ore di lavoro che non conosce limiti di tempo. Si addormenta perché è troppo stanca di sentire gli ultimi gossip della politica. Domani si alza ancora la saracinesca. Altro che tv e ridondanze mediatiche.
Così come i piccoli imprenditori non hanno limiti nel darsi alla propria attività, anche l’idiozia non conosce confini e viaggia senza tregua, in un binario parallelo, che a volte però si incontra e si scontra profondamente con l’essere italiani oggi.
Parliamo allora di una specifica idiozia: i mutui nelle macerie.
Hai un’attività per cui hai chiesto un mutuo in banca. Arriva il terremoto e la tua attività viene distrutta. Sei nel pieno del trauma, non hai più niente, non sai dove andrai, non sai cosa ne sarà di te. Per fortuna la Costituzione ti protegge. Tu dici?
Gli istituti bancari hanno sì applicato la sospensione delle rate del mutuo, ma ogni banca ha fatto sostanzialmente ciò che voleva, seguendo regole interne.
Non c’è una legge nazionale che tuteli i cittadini a riguardo, una legge che detti le norme etiche di comportamento bancario in relazione alla cittadinanza che ha stipulato un mutuo. Non ci sono state e non ci sono linee guida univoche da parte del Governo.
Hai un mutuo, arriva il terremoto e ti distrugge l’immobile. Che fai? Prega.
Alcuni istituti hanno azzerato il mutuo ai propri clienti, altri hanno applicato interessi di mora sulle rate sospese, come se i terremotati fossero, per scelta o per condotta, dei cattivi pagatori. Altri istituti hanno applicato questi interessi sull’intera quota capitale residua.
Sei un’impresa? Sei un privato?
La faccenda si complica. Se sei un privato il mutuo sospeso, quando viene ripreso, subisce solo uno slittamento della fine del piano di ammortamento. Sei un’impresa? Le banche ti riservano un trattamento speciale. Alcuni istituti chiedono la restituzione mensile di due rate anziché una. Originale vero? Non è un film. È il tuo paese. Il nostro paese.
Articolo 47 della Costituzione italiana: La repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese. Devono aver perso per strada un diritto.
Cos’è successo?
Le banche hanno sospeso le rate dei mutui solo fino a Dicembre 2020, per chi ha l’attività fuori dalla zona rossa, fino a Dicembre 2021 per chi è in zona rossa. È evidente che non è una soluzione. È uno stallo
“Insieme ai mutui sono stati congelati anche gli italiani” dice giustamente Antonella. E non si tratta di un’affermazione poetica o un’immagine che funziona. È la realtà.
I terremotati sono per errore nella lista dei cattivi pagatori
Per un errore puramente legato ai server, al mancato pagamento della rata, è scattata per i terremotati l’iscrizione al Crif. Sono considerati a tutti gli effetti dei cattivi pagatori. Ciò significa che, se un terremotato ha bisogno di fare un mutuo per una lavatrice, non se la può comprare.
Un tavolo a cui sedersi, ma manca lo Stato
Il 31 Gennaio 2020 al dipartimento di Giurisprudenza di Unicam, si è tenuta una conferenza pubblica moderata proprio dal Comitato Mutui sulle macerie. Al vertice, come abili moderatrici, si sono spese Antonella e Claudia. Al tavolo, oltre i politici locali, sono convogliati anche i rappresentanti di ABI. È stato un dibattito aperto che ha palesato sostanzialmente tre evidenze:
ABI stessa si trova a rispondere a problemi gestionali, in relazione ai mutui, che non hanno ancora una risposta. Ritengono vergognoso che un terremotato debba poi avvalersi di un avvocato per difendersi, poter uscire dalla lista dei cattivi pagatori. Se le banche non sanno risolvere problemi generati dalle banche stesse entro 3 anni, la faccenda si fa rocambolesca. Si dicono però collaborativi.
È necessario un tavolo di dialogo dove oltre ABI e i cittadini, sia presente anche il Governo, Governo che (invitato) latita ampiamente da diverso tempo
Dove non arriva lo Stato arrivano i cittadini, LE cittadine, in questo caso. Antonella, Claudia e il loro Comitato Mutui sulle Macerie (https://www.facebook.com/mutuisullemacerie/?tn-str=k*F) hanno: raccolto i casi inerenti ai mutui nel sisma, hanno creato unione sul tema, hanno tenuto insieme le persone, hanno nutrito l’etica del paese durante il loro tempo personale, mentre altri avrebbero dovuto occuparsi di mutui nelle macerie.
Antonella e Claudia hanno fatto il lavoro per cui le istituzioni vengono pagate. Si sono fatte domande quando c’erano solo problemi e non hanno avuto bisogno di un vestito politico per rimboccarsi le mani. Avevano e hanno dalla loro parte un’etica che a questo stato manca.
Testimonianze, lacrime e nessuna risposta
Durante la conferenza hanno parlato i cittadini, hanno urlato, hanno pianto. Lo hanno fatto di fronte a giacche istituzionali a tratti imbarazzate. ABI è collaborativa, la politica non si capacita, i cittadini fanno gli straordinari. C’è qualcosa che non va.