C’è una conseguenza generata dal terremoto che è finora rimasta senza nome. Forse è la peggiore. Ci siamo abituati negli anni a vedere come il terremoto crei «due italie»:
una coinvolta e dentro il sisma
una lontana che, più passa il tempo, più va ad abitare la totale estraneità nei confronti della prima
CHI VIVE IL TERREMOTO, CHI LO GUARDA
Il dato più semplice è che chi non lo vive non lo può capire. A partire da chi è nelle istituzioni.
Eppure non finisce qui. Il punto è che forse la stampa nazionale ha un dovere, un’etica che va oltre il ciclo della notizia.
Entro questi tristi accadimentipotrebbe essere creato un terreno di incontro e dialogo per nuove domande:
Come si torna ad appartenere al tessuto sociale?
Come si rimettono insieme i pezzi di un’economia italiana dopo una catastrofe nazionale?
Invece la notizia ha un ciclo di vita breve ed è cibo per cannibali. Viene sbranata e consumata ancora cruda, poi si torna a dormire nelle caverne. Il terremoto viene così rispolverato a Natale, tirato fuori e recuperato dalla cantina, come si fa con le pecorelle del presepe. Oppure se ne parla alle ricorrenze.
MA L’ITALIA É UNA
Una è l’Economia, uno è il Paese. Già dalle prime ore del 24 Agosto 2016 i terremotati spiegano come l’informazione nel cratere sia stata naturalmente diversa da quella”esterna” e nazionale. Nei mesi a seguire poi rimane solo una fitta discussione locale mentre fuori, i cerchi concentrici del sasso che ha colpito il cratere, si affievoliscono sempre di più.
Negli anni si ritorna alla calma piatta.
Anche i cronisti e i fotoreporter danno mille spiegazioni del perché il tema, alla fine, diventi un “cartellino da timbrare”, vale a dire una storia monotona, ripetitiva, che non genera interesse ma noia.
Dicono non ci siano più eventi eclatanti. Subentra la normalizzazione del problema. Resta circoscritto ai diretti interessati. La ricostruzione e la burocrazia generalmente annoiano.
NO GUARDA, NON È VERO
A mio modesto avviso di notizie eclatanti ce ne sono e come.
Basta guardare al fondo delle cose o dei fatti.
Vogliamo dare qualche notizia?
Non si sa ancora come rispondere alle domande generate da un sisma che ha dilaniato la pancia dell’Italia. Iniziamo a fare ricerca, brevettare una rete di interventi finemente in rete fra loro? Lo facciamo in tempi di calma? Si tratta di un viaggio tutto nuovo e mai fatto.
L’Italia è un paese sismico che non fa prevenzione ( e questo non riguarda il solo centro italia)
Le aziende potrebbero far ripartire il tessuto sociale ma sono poco sostenute dallo stato
Stanno aumentando il consumo di psicofarmaci, la speculazione edilizia, l’infiltrazione mafiosa. Impariamo a pianificare una buona economia?
Abbiamo il più grande cantiere d’Europa fermo. Quali guadagni porta questo immobilismo?
Nessuno dice che la Carta di Pericolosità sismica non funziona
Nessuno dice che anche la ricostruzione effettuata al meglio è deficitaria (le case non vengono cioè ricostruite tenendo presente il reale ritorno sismico del terremoto, ma un dato approssimativo)
Non c’è alcun piano nazionale sia in relazione agli interventi sul breve termine che sul lungo termine, a livello strutturale ma anche in termini di trauma e salute
QUINDI?
In sostanza: prega Santa Rita da Cascia, la santa delle cause impossibili. Perchè è l’unica che può fare un miracolo nel caso torni un terremoto in Italia (e il terremoto torna sempre). Prega specialmente se torna laddove non si presenta anche da 900 anni.
Hai da comprendere che il terremoto torna sempre e che gli strumenti di prevenzione:
non sono conosciuti e diffusi a tutta la popolazione italiana
sono deficitari: la carta di pericolosità sismica non funziona perchè non tiene conto del ritorno sismico (te ne parlerò a breve in un video)
le case non sono ricostruite appieno in maniera antisismica (perchè non tengono davvero presente il ritorno sismico del sisma, bensì un dato parziale che è inutile alla reale tutela delle persone ( anche di questo te ne parlerò a breve.
PRIMA DI DEFINIRE LUNGA QUESTA LETTERA È OPPORTUNO COMPRENDERE CHE:
questa proposta di una «Dichiarazione dei diritti umani nel Terremoto» agisce per rendere collettivo il tema del terremoto, creando una linea di confine rispetto a come fino ad ora è stato trattato il tema.
Un evento sismico genera da sempre «due Italie» (una coinvolta e una no) perché il tema non è ancora percepito di interesse e valore nazionale. Deve diventarlo al più presto. Nessuno ha mai parlato di sisma entro questi termini.
Questa azione non è mai stata intrapresa. Bisogna avere determinazione, cuore, raziocignio e molta calma affinchè si possa concretizzare tutto al meglio.
questa Dichiarazione vuole denunciare, ma soprattutto ENUNCIARE tutte le violazioni e le omissioni INVISIBILI, danni che verranno nominati come voci dell’Economia del Male, un’economia in grado di impoverire l’interaItalia.
questa Dichiarazione vuole essere uno strumento protettivo della cittadinanza italiana, tutta, cittadinanza completamente scoperta nel lungo termine a causa di una totale assenza progettuale nel post-sisma.
RIVOLGENDOMI AI COMITATI CITTADINI
Gentilissimi,
Vi contatto umilmente al fine di proporre la stesura e la scrittura di una «Dichiarazione dei Diritti umani nel Terremoto», vale a dire un testo snello ma efficace, puntuale e spendibile – ora e in futuro – in grado di tutelare le persone, i cittadini, l’economia di tutta la cittadinanza italiana.
Mi propongo umilmente come moderatrice della mia proposta, a servizio di un bene comune che trascende il dato locale, ma gli può rendere giustizia.
SERVE UN GESTO CHE TRACCI UNA LINEA DI CONFINE
Serve un gesto attuato con dignità, un gesto forte e ragionato (perché la stanchezza è tanta) che sia in grado di:
fotografare le tremende mancanze e violazioni entro il sisma
evitare il perpetuarsi di queste modalità nell’attuale terremoto in Centro Italia e in futuro
Mi presento anzitutto.
Mi chiamo Giulia Scandolara, sono un’Operatore della relazione d’aiuto, Gestalt & Career Counselor, Arteterapeuta. Lavoro con le persone per il loro benessere e le oriento, nello specifico, alla realizzazione dei propri talenti.Molto spesso, affinché il proprio fare emerga, occorre cambiare punto di vista e cercare una giusta misura (a livello di comunicazione, in termini di proposte e attività). Non sono quì a promettere facili soluzioni ma rispondo piuttosto all’urgenza di voler fare qualcosa di concretamente spendibile per il tema.In questo momento sto cercando un modo per essere presente nelle terre del sisma almeno 3 giorni a settimana. Essendo il mio impegno puramente volontario non posso purtroppo che passare nelle terre del sisma circa 15 giorni al mese girando, intervistando le persone, raccogliendo informazioni. Sono alla ricerca di un modo che mi consenta di restare continuativamente nel cratere, per completare la scrittura di un ulteriore testo di inchiesta giornalistica e creare questa Dichiarazione INSIEME.
Scrivo in umiltà ma certamente mossa da un intento preciso.
Sono per mia natura sensibile ai temi sociali e sono rimasta profondamente ferita dalla situazione in Centro Italia, tema che a mio avviso può essere reso visibile entro azioni mirate, che si svolgano entro un altro punto di vista rispetto a quello mantenuto fino ad oggi. Mi rendo conto – e vi scrivo con non poca difficoltà – che avete lottato in ogni modo per tre anni. Ogni terremotato che sento mi ribadisce la sua stanchezza e disperazione. Mi rendo conto non sia facile ascoltare le parole di una persona che arriva dall’esterno, ma vi prego di iniziare a valutare e vedere come:
Questo non è solo il terremoto del Centro Italia. Allargare quindi la visione può essere di aiuto a chi è dentro il terremoto e a chi è fuori da esso.
Ecco perché è possibile che altri cittadini se ne interessino alla vostra situazione in nome del bene comune, situazione che invece deve diventare d’interesse della collettività.
Il terremoto, in un paese sismico, torna sempre. Nessuno si può più permettere di non fare tesoro delle terribili esperienze passate e attuali,
Nessuno dovrà, entro un futuro terremoto, rivivere l’orrore della perdita di: diritti, dignità, tutela, serenità, lavoro, casa, salute, sicurezza
Può ricapitare a chiunque e ovunque di restare coinvolti in un sisma. Se accadesse domani nessuno sarebbe ancora tutelato.
Vorrei proporre umilmente, senza interesse personale – se non quello di veder fatta giustizia – vorrei proporre alcune azioni mirate.
Da esterna (esterna che però si è preoccupata e si sta gradualmente preoccupando di conoscere la situazione “da dentro”) in diversi mesi ho appuntato, studiato il tema del sisma. Non basterà mai, è chiaro? Per me lo è. Da fuori si raccolgono però molti dati che possono essere spesi per tutti. Forse a tal proposito ha senso il mio stare sia fuori che dentro al sisma. Perché si attivi un anello di congiunzione tra chi è dentro il sisma e chi non sa nemmeno di cosa si stai parlando.
Vi sembra possibile? Voi vi sbracciate per denunciare ogni illecito, ogni abuso, ogni mancanza. Poi si scopre che in molte regioni non si sa niente.
Il sisma ha generato “due Italie” e così accade sempre:
una piccola Italia è quella profondamente coinvolta e lacerata,
un’altra è quella completamente ignara dei milioni di problemi di chi è coinvolto.
Ci vorranno passi guidati e graduali, se decidete di aderire alla stesura di tale Dichiarazione. Ecco i primi passi. Ogni volta si vedrà gradualmente come procedere, appoggiando i passaggi futuri. Se non è possibile incontrarci tutti inizialmente, i seguenti dettagli possono essere passati via mail. L’ideale sarebbe:
prima di un incontro dal vivo, entro il 29 Febbraio ogni comitato che aderirà invierà via mail a giugi@giuliascandolara.com. Riceverà un file Word dove IN BREVE e attraverso PAROLE CHIAVE potrà nominare le problematiche nella gestione dell’emergenza e nel post-sisma in relazione a: 1)Scuole 2)Sanità 3) Socialità 4)Sperpero di denaro pubblico e fondi privati, 5)Ricostruzione.
In questa fase è totalmente inutile affondare nell’estremo particolarismo/tecnicismo. Occorre piuttosto essere in grado di restituire una visione globale da parte di ogni Comitato di quanto è successo nel proprio comune. Se quanto suddetto non è chiaro, fornirò via mail un recapito per chiarimenti a voce.
Per fine Aprile trovare una sede dove riunirci, circa al centro delle 4 regioni, per almeno una giornata intera e valutare insieme la completezza delle violazioni in termini di diritti umani, che avrò estrapolato dalla restituzione di ogni comitato (una domenica?). Ciascuno potrà sollevare – previo autodisciplina e facilitazione al dialogo reciproco – eventuali aggiunte.
si stilerà una prima griglia che a grandi linee sarà il punto di partenza della Dichiarazione dei diritti umani nel Terremoto. Sarà decisamente probabile che occorreranno revisioni, aggiustamenti, ma quantomeno saranno per una volta accorpate tutte le violazioni in un unico atto.
OBBIETTIVI DELLA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI UMANI NEL TERREMOTO
RENDERE IL TERREMOTO UN TEMA DELL’INTERA SOCIETÀ ITALIANA
Questo avviene già su altri versanti (ad esempio nella lotta contro i tumori, nella lotta contro la violenza sulle donne, nella tutela dei diritti dei minori). Perché – spostando un attimo l’attenzione da quanto si è fatto e lottato in questi tre anni – non si lavora per rendere il sisma un tema sociale italiano a tutti gli effetti?
Questo potrà avvenire chiedendo profonde campagne di sensibilizzazione al tema – in concomitanza con la scrittura della Dichiarazione – prevedendo azioni che non restino nelle terre del cratere ma andando a incontrare il resto dell’Italia.
Il terremoto non è un problema del Centro Italia bensì un tema sociale che da ora in poi merita di essere diffuso e trattato come tema nazionale.
PRIMO PASSO: CHIEDIAMO A GRAN VOCE CHE IL TERREMOTO VENGA TRATTATO NON COME UN TEMA LOCALE, RIGUARDANTE SOLO I CITTADINI COINVOLTI, BENSĺ L’INTERA POPOLAZIONE ITALIANA. Nessuno in Italia può dirsi realmente tutelato.
In buona fede ritengo questo un importante anello di una lunga catena nata anni or sono dall’impegno perpetuato dai coinvolti e dai volontari esterni. Forse è ciò che posso contribuire ad apportare con:
la pagina SISMA (spiega il tema in generale, facendo luce sugli aspetti collettivi del terremoto)
con la presentazione e divulgazione di un testo che spiega il sisma a chi non lo conosce (testo che mi sono autofinanziata, il cui costo di 10 euro ricopre le spese di stampa. “Il talento di essere umani”, vale a dire quello di portarsi oltre l’invisibilità, è il titolo. Il libro mi permette di creare presentazioni dove avvicinare e contagiare le persone al tema, nei suoi termini di interesse collettivo. Il testo raccoglie le testimonianze degli abitanti di Norcia e non solo)
la progettazione di una campagna snella che, tramite fondi statali, rafforzi con dei supporti cartacei un primo vademecum al sisma
BASI DELLA PROPOSTA PER LA STESURA DELLAA CARTA
In questi giorni sono alle prese con la stesura di una griglia. Questa griglia sarà un orientamento a quello che potrà essere riempito con le testimonianze dei Comitati. Mi propongo di scrivere un testo snello, semplice ma puntuale che raccolga il più possibile tutte le invisibilità che si sono perpetuate entro questo terremoto. Se anche non riuscissimo a elencare tutte le violazioni al 100% avremo comunque messo in piedi un atto e una scrittura inediti che non possono essere ignorati, nè per il presente, nè per il futuro.
Ecco la griglia che andrò a costituire nei prossimi giorni:
Premessa al testo citando gli articoli violati (Art. 2 della Costituzione, Dichiarazione Universale dei Diritti umani – 5 articoli. Si aggiungono il diritto all’Istruzione e alla Salute, si aggiunge un’apertura morale citando la disobbedienza civile di Gandhi. Condividerò il testo, di modo che questo punto sia chiaro)
Elenco definito in modo snello – inizialmente con poche parole – delle violazioni che si sono vissute in concomitanza al terremoto. Dunque entro una prima pagina generale verrà creato e dato un nome all’invisibilità delle violazioni perpetuate dividendo l’elenco per ambiti: ambito sanitario, ambito economico, ambito strutturale, ambito scolastico (ad esempio: violazione della dignità umana, violazione del diritto alla salute, violazione del diritto all’educazione, violazione del diritto ad avere una casa, violazione del diritto alla memoria – si veda lo stato attuale dei cimiteri … )
Sarà evitato il particolarismo per appellarsi alla profonda volontà di creare un testo nazionale (anche se archivierò come apparati secondari i testi di ogni Comitato come approfondimento e saranno considerati un allegato aggiuntivo alla Dichiarazione dei Diritti umani nel Terremoto)
Parte finale: valutare una riflessione non violenta delle omissioni da parte delle istituzioni, stampa nazionale inclusa, la quale – è vero, l’informazione ha un ciclo di durata – non ha informato e non ha sollevato il valore collettivo del tema come catastrofe nazionale. Richiedere maggior etica e presenza alla stampa nazionale.
(passaggio da effettuare insieme ai comitati in un secondo momento)Richiedere e indicare – entro una formulazione suggerita e non imposta – ciò che ora è assente (ad esempio un commissario «super partes» che controlli le donazioni private, le inserisca in una rete di attività davvero a misura del territorio, ad esempio attraverso un’altra cosa che andrebbe richiesta: un equipe territoriale in grado di guidare gli aiuti statali e le donazioni private. Obbiettivo: aiutare le persone “a misura”, dando loro servizi che realmente servono. Questo per non trovarsi di nuovo paesaggi deturpati, inutili cattedrali nel deserto, casette donate da sconosciuti e che non sono inserite in una visione più ampia, di rete.
Denunciare l’attuale assenza di un piano di prevenzione sismica su TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE, denunciare l’attuale assenza di un piano attuativo e strategico, nel post sisma, denunciare in modo snello la totale inutilità della Carta di Pericolosità sismica, spiegandone IN BREVE il perchè, denunciare tutto quando appena detto annettendolo ad una crisi economico-strutturale dell’intera Italia.
Ognuno di questi passaggi può avvenire solo se in primis li si abbozza e solo in un secondo momento li si approfondisce, nella calma, rendendoli puntuali.
COME SPENDERE LA CARTA, ENTRO QUALI AZIONI E PASSI
Dopo la sua stesura, presentarla alla popolazione al fine di ottenere una raccolta firme. Sarà più facile attuare questo dettaglio se, fin dai primi passi della stesura della carta si coinvolgerà la popolazione con articoli in merito, aggiornamenti, condivisioni, spiegando il senso (inteso come direzione) della Dichiarazione
Il testo verrà firmato da tutti i Comitati
Sarà poi presentato alla Corte dei Conti, alla Procura della Repubblica con l’esplicita richiesta di:
fare chiarezza sui punti delineati
trasformare il tema in un interesse sociale, della collettività, dunque stanziare una macchina virtuosa che sensibilizzi al tema con campagne in tutte le piazze italiane, in tutti gli edifici pubblici italiani, esattamente come si fa già nelle scuole per: bullismo, violenza sulle donne e malattie.
valutare di estendere la Dichiarazione al panorama europeo.
TUTTO QUESTO PUO’ RIUSCIRE AD ESSERE UN GESTO TRASFORMATIVO SE SI RISPETTA LA GRADUALITA’ DI ALCUNI PASSI E IL FONDAMENTO DI ALCUNE CONSIDERAZIONI.
La Dichiarazione rende il terremoto un tema collettivo ed è entro questo punto di vista che occorre imparare a muoversi, sia nella stesura che nel suo supporto (non ha cioè senso che tutto ciò lo faccia un solo Comitato. Là dove in un paese del cratere non è presente un comitato sarebbe forse opportuno valutare di costituirlo a questo scopo)
Per riuscire a lavorare tutti insieme occorre visualizzare un obbiettivo comune, sopra le parti, allo stesso tempo di interesse collettivo. Si sta agendo nell’interesse nazionale, non solo locale.
Si deve tener dunque conto che si sta agendo per creare una nuova pagina della storia. Questa pagina ha un valore inestimabile e ricopre il bene di tutti.
IN PILLOLE:
COLLETTIVITA’: mettere a servizio l’esperienza del proprio comune, la quale verrà poi tradotta in violazioni dei diritti umani
AGIRE MOSSI DA RISPETTO, TUTELA DELLA DIGNITA’ UMANA, AGIRE SENZA RABBIA O VIOLENZA MA IN CERCA DI GIUSTEZZA
REPENTINI INCONTRI PER AGGIUSTARE LO SCRITTO IN CORSO D’OPERA, COMPLETARLO OVE SERVE, INTEGRARE CIO’ CHE EVENTULAMENTE MANCA, PREVIA LA SUA LETTURA DI FRONTE AI RAPPRESENTANTI DI TUTTI I COMITATI COINVOLTI
SUCCESSIVA FIRMA DELLA DICHIARAZIONE DA PARTE DI TUTTI I COMITATI
RICHIESTA DI ADESIONE DA PARTE DEI CITTADINI, anche oltre il cratere se possibile, valutando una petizione on-line
INVIO DELLA DICHIARAZIONE, INSIEME AD UNA FORMALE RICHIESTA DI CHIARIMENTO E PRESA IN CARICO A: CORTE DEI CONTI E PROCURA DELLA REPUBBLICA
COME INIZIARE
1) Qualsiasi comitato interessato scriva a giugi@giuliascandolara.com per ricevere la griglia in Word da compilare
2)Il primo passo sarà la ricezione di un riassunto di tutte le suddette problematiche in emergenza e nel lungo periodo, effettuata in modo snello
2) trovare una sede dove riunirsi verso fine Aprile al centro delle 4 regioni.
3)Possiamo incontrarci in una sede pubblica, in un ristorante, in una palestra. Sarà opportuno non cercare i dettagli perfetti ma iniziare a generare questa Dichiarazione.
4) Ci saranno molte domande e difficoltà di stesura a cui risponderemo in corso d’opera. E’ impossibile pensare da ora di poter prevedere tutto, se non la traiettoria. Quella deve essere chiara, sempre appoggiata da tutti (rendere il tema nazionale, enunciare violazioni e omissioni, dare soluzioni consigliate, chiedere la tutela dei diritti umani per ora e per il futuro, entro il terremoto, chiedere venga indetta una giornata dedicata al terremoto, così che si inizi a creare una sensibilizzazione al tema su larga scala).
5) Per realizzare tutto questo serve PAZIENZA, CALMA (non per tre anni ma sicuramente per qualche mese), CAPACITA’ DI COMPRENDERE LA GRADUALITA’ DEL LAVORO (molte cose andranno riviste in corso d’opera), AUTODISCIPLINA per generare dialogo civile fra molte parti, reciproca comprensione (staremo tutti provando a fare qualcosa di nuovo).
6) Fiducia. Piuttosto sollevare criticità – in corso d’opera – al fine di rafforzare la validità della Dichiarazione, ma aderire credendo nella possibilità. Diversamente non partecipare.
Di seguito riporto alcuni dettagli in relazione alla VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI PERPETUATA PER TRE ANNI E PIÚ NEL TERREMOTO IN CENTRO ITALIA. Queste violazioni, lo ricordo solo perché il tema è profondamente invisibile, NON SONO STATE CAUSATE DAL TERREMOTO.
Dalla Dichiarazione Internazionale dei diritti umani
«Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo; Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione;» (testo originale della Dichiarazione)
l’Assemblea Generale proclama:
«Articolo 3:Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.» …
«Articolo 12: Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni»
Va specificato che, se è vero che il terremoto ha distrutto le case, il governo italiano non le ha ancora ad oggi ricostruite e non ha garantito una casa dignitosa a molti dei propri cittadini. Passare 3 anni in una Sae o in albergo, ingannati da suon di promesse non mantenute – promesse di ricostruzione e ripartenza del territorio – è a tutti gli effetti un’interferenza nella vita privata, famigliare e domestica, una lesione all’onore della vita.
«Articolo 22: Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.»
Con il terremoto, non solo a causa del sisma stesso ma per l’ignavia dei governi, sono mancati e continuano a mancare la sicurezza sociale, la tutela dei diritti economici, sociali e culturali che danno dignità allo sviluppo umano. Basta pensare alle scuole di Norcia che – ancora nell’Ottobre 2019 – sono delocalizzate in container tutt’altro che opportuni. Come già detto gli alunni sono costretti a fare lezione a rotazione per la mancanza di spazio nelle aule. La situazione viene affrontata concretamente solo da un mese.
«Articolo 23: 1.Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.» Di quale protezione contro la disoccupazione possiamo parlare, nelle terre del sisma? È vero, i governi che si sono succeduti dal 2016 ad oggi hanno somministrato agevolazioni a chi ha delocalizzato la propria attività restando nelle zone del terremoto. In realtà è però un’agevolazione slegata e vagante dal resto del sistema. A che serve dare una casetta in legno dove ripartire con il proprio lavoro, se attorno è tutto maceria e distruzione, se non vi sono servizi in supporto alla rete sociale e alle persone? Come gira l’economia se il suddetto negozio è una cattedrale nel deserto? Non ha senso per nessuno, né per il cittadino né per il governo.
A Norcia (ma anche a Visso, Accumoli, Amatrice, Fonte del Campo) molte attività sono ripartite, ma i negozi sono ancora di fronte ai cumuli di distruzione. I negozi servono agli abitanti rimasti, ma la situazione è quella di un’economia «a bolla di sapone»: fragile e temporanea. «Hanno fatto una scarpa e una ciabatta» dice qualcuno, ed è così. Le attività e gli investimenti che lo stato ha erogato a chi è rimasto si perdono senza connessione in un mare di tubi di ferro, cemento divelto, pavimenti a cielo aperto. Questa è di nuovo l’economia del male, vale a dire la banalizzazione del bene.
«Articolo 25: 1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà»
La vita in una casa di poliuretano espanso non è propriamente nota per le sue proprietà di salutogenese. Le garanzie in termini di benessere lasciano fortemente a desiderare da troppo tempo.
Come dice Damiano, intervistato a Norcia a Luglio 2019 – Damiano ha una norcineria in una casetta di legno – «il terremoto non è la colpa di nessuno» ma l’ignavia sì. Una casa che crolla è un certo tipo di danno, imputabile ad una catastrofe naturale.Nel terremoto sono stati violati diritti umani fondamentali, come il diritto alla sicurezza e al benessere di avere una casa. Questo non lo ha fatto il sisma però, ma le istituzioni.
Una casa che crolla per il terremoto è un tipo di danno. Lasciare interi paesi in una soluzione abitativa di emergenza, per tre anni, davanti alle case crollate è un altro tipo di danno.
L’atteggiamento che le istituzioni hanno mantenuto e sostenuto in 3 anni, nelle terre del sisma – atteggiamento di deroga e proroga perenne in tema di ricostruzione e attenzione alla salute del cittadino – è un cancro invisibile, un tumore nella pancia dell’Italia. Credere che questo brutto male non si mangerà l’intero stato è da imbecilli.
VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 2 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
«Articolo 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.»
VA INOLTRE SPECIFICATO COME, AI SUDDETTI ARTICOLI, VANNO AGGIUNTI I DANNI ECONOMICI E LO SPERPERO DI DENARO PUBBLICO, DI DONAZIONI PRIVATE.
VA SPECIFICATO CHE I FONDI EUROPEI STANZIATI PER IL TERREMOTO IN CENTRO ITALIA FANNO PARTE DELL’ECONOMIA ITALIANA, TEMA CHE RIGUARDA TUTTI I CITTADINI, NON SOLO I CITTADINI DEL CENTRO ITALIA.
LA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI CAUSATA AD UNA PARTE DEI CITTADINI ITALIANI È PALESEMENTE – DI FONDO – LA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI DIOGNUNO DI NOI. NEL 2016 È TOCCATO AI CITTADINI DEL CENTRO ITALIA. DOMANI?
L’invisibile cupola. Sotto di Lei c’è il terremoto (le urla, la rabbia, la sofferenza dei cittadini). Da fuori però non si vede nulla. Prima avrai da vedere l’invisibile cupola. Non è nata spontaneamente come fanno i funghi. E’ stata costruita in 3 anni. Ha molti responsabili. Oggi però mi concentro su un altra cosa, non sui responsabili (non è il mio) ma sul “tornare a parlare di sisma, come e perchè”
Oggi pubblicherò tre video sotto il titolo «Fermare il rovescio dei diritti». Sono tre video relativamente lunghi. Ho pensato di fare qui una sintesi dei temi che affronto per due motivi:
Renderti una snella comprensione delle cose principali che dico
Darti un’idea d’insieme che aiuti a non perdere il filo.
Nonostante io qui ti sintetizzi i tre video ti invito profondamente a guardarli per un semplice motivo: nei video argomenterò tutto al meglio. Potrai in sostanza comprendere delle sfumature che qui non dirò.
Perché il terremoto non attira l’attenzione di nessuno?
Sono tre anni che i terremotati tentano di farsi sentire e non ci riescono. Quindi vuol dire che da qualche parte c’è qualcosa che non funziona. Fa male dirlo, indubbiamente. Fa male per chi sta lottando da tre anni, ma fa male – anche – osservare da fuori che il silenzio sta vincendo.
È possibile correggere il tiro
I terremotati parlano del terremoto, della ricostruzione. Tutto questo viene però dopo. I terremotati non si vedono e non si sentono, quindi nemmeno il terremoto. Questo perché sono coperti da una cupola di invisibilità.
L’invisibile cupola
Nel primo video che vedrai oggi ho usato una metafora molto forte per spiegarti questa invisibilità. Esiste un libro di Stephen King – poi diventato serie televisiva – intitolato “The dome”, la cupola. Si racconta di una città rimasta isolata e invisibile a tutti proprio a causa di questa cupola gigante, invisibile al resto del mondo. Ti invito a cercare “The dome” di Stephen King, forse aumenterà il senso e la percezione della mia cupola, in copertina.
Hai presente quando si dice che un immagine spiega più di mille parole? Ecco. Allo stesso modo ho provato io stessa a simularti la cupola di invisibilità riproducendola con strumenti semplici: una cartina e una terrina trasparente.
Quindi:
Prima del terremoto viene l’invisibilità. È di questo che occorre parlare. L’invisibilità non è un danno del terremoto. Quando sarà visibile saranno visibili anche i suoi responsabili. Ora invece è tutto nel buio.
È inutile che si tenti di parlare PRIMA di tutto ciò che sta sotto alla cupola. Prima bisogna parlare dell’invisibilità perpetuata da stampa, politica, sanità, economia. Hanno omesso per 3 anni tutti i temi del terremoto, a livello nazionale, creando una cupola di invisibilità.
Dividere, separare la «storia personale nel terremoto» dal «terremoto come tema della collettività»
Chi parla di terremoto solitamente dice queste tre cose:
la ricostruzione non parte (vero ma non genera azioni trasformative)
è una vergogna, uno schifo ( vero ma non genera azioni trasformative)
ho perso casa/ la mia casa è stata distrutta/ho perso la mia attività e altri dettagli personali ( vero ma non genera azioni trasformative)
Attenzione. Mi sto concentrando sui vizi di forma della comunicazione. Comprendo possa generare sofferenza. Mi muovo io stessa perché questa sofferenza abbia fine, perché come cittadina è inaccettabile. Quindi: mi concentro solo su come rendere visibile l’invisibile, nel massimo del rispetto di chi ha lottato in questi tre anni.
È importante, a mio umile avviso dividere:
La parte più personale del terremoto (quello che è successo ad ogni persona)
Da tutto il corpo di informazioni che invece hanno carattere di collettività.
Quindi interessare i cittadini sulle aree di comune interesse in relazione al terremotoinformando “in generale del terremoto” come fosse – perché lo è – un tema di interesse sociale, proprio come lo sono il tema della violenza contro le donne, la prevenzione ai tumori e via dicendo
Se invece di comunicare «è stata distrutta la mia casa», dico «guarda cittadino. Esiste un problema chiama terremoto, non si fa ancora prevenzione e non ci sono strumenti per tutelare i tuoi diritti e bisogni se lo prendi» la storia cambia. Il problema non è più quello della mia casa distrutta o della ricostruzione che non parte. Il problema è che esiste un tema che riguarda tutti e che non ha ancora risposte attive per la sua risoluzione.
Quindi è importante divulgare e riportare l’attenzione sulla parte collettiva del terremoto: diritti umani e tutela del cittadino, rischi e pericoli nel caso in cui un cittadino si trovi coinvolto da un terremoto, difficoltà causate dall’assenza di risposte progettuali al problema.
Chi ascolta un terremotato non riesce a capire –fatto salvo una grande empatia – perché il tema lo dovrebbe riguardare. Invece è importante che i cittadini capiscano che questo non è il terremoto DEL Centro Italia ma il terremoto dell’Italia intera.
Perché esattamente come tutti possono ammalarsi di tumore, tutti possono prendere un terremoto e incappare in tutte le spiacevoli conseguenze che l’assenza di prevenzione al tema sta ancora causando (speculazione edilizia, abusi, illeciti, violazioni dei diritti umani)
SI PARLA DEL TEMA ESTENDENDOLO A TUTTI (non è più “la mia casa è andata distrutta”, cosa che genera un limitato interesse e scalpore)
SI FA COMPRENDERE CHE IL TERREMOTO È UNA TEMATICA SOCIALE, COLLETTIVA, DELL’INTERA ITALIA (questo aspetto non l’ha ancora visto nessuno)
Non si sta catturando l’interesse dell’altro. Poi: chi è l’altro, il mio interlocutore?
In un momento di grande buio, dove le persone si interessano poco – parlo in generale – alla res publica, ci si deve costantemente chiedere perché l’altro dovrebbe essere interessato a quello che dico.
Se parlo della mia casa, l’altro è interessato fino a un certo punto, non è molto coinvolto
Se si parla invece di diritti umani, economia e soldi pubblici spesi male, terremoto come “tema che riguarda tutti perché ci stiamo perdendo tutti”, allora è possibile che l’altro si faccia coinvolgere
Se si urla “ho perso la casa” al Governo… ecco, forse non è il giusto referente. Non lo dico io. Lo dicono 3 anni di cupola invisibile. Mi sbaglio?
Quindi bisogna cambiare interlocutore. L’altro è il cittadino al tuo fianco, non quello che è dentro al terremoto e sa già tutto, ma quello che sta fuori dal terremoto, ad esempio già anche a Perugia. Lui è un interlocutore possibile.
Portiamo il terremoto in televisione?
Va bene, benvenuti i programmi che fanno un effetto bomba con una super notizia, anche calmierata e ben documentata. Non è detto che questo attivi quella che chiamo «la macchina virtuosa» a servizio del terremoto.
L’azione della televisione è grande ma non è detto che attivi una rete di soluzioni. Il terremoto è un tema di immensa complessità , complessità che vanno incontrate dal basso, sgranando dettagli come un tempo si sgranavano fagioli. Ancora una volta temo forse, lo dico umilmente, vi sia un problema di misura. Ciò non esclude che la televisione sia utile, affatto, ma non è LA soluzione, LA macchina virtuosa che si attiva per connettere tutte le voci del terremoto (sanità, tutela dei diritti umani, ricostruzione, smaltimento delle macerie, organizzazione di tutte le istituzioni coinvolte fra loro).
Quindi una cosa è fare “denuncia del problema” (o informazione), un’altra è “avviare una concatenata serie di azioni che siano la soluzione operativa per il terremoto”. Serve anche – soprattutto – la seconda che, no, può fare la televisione, perché la relazione con il problema avviene entro una misura sbagliata se l’obbiettivo è attivare «la macchina virtuosa» che operi nella tutela delle persone durante un terremoto.
Fuori dal tecnicismo, fuori dal personalismo
Ad oggi chi parla del terremoto lo fa entro queste due modalità:
TECNICISMO: si spiegano dati tecnici della ricostruzione, dell’evento del terremoto. Il linguaggio è buono se si è fra addetti al settore. L’altro, il cittadino fuori dal sisma, quello che dovrebbe comprendere come questo sia un tema sociale e collettivo – dunque gli riguardi – non lo capisce. Avverte solo un mare di cavilli burocratici. La burocrazia annoia se vuoi diffondere e contagiare al tema facendo percepire il suo valore collettivo,
PERSONALISMO: ad esempio “ti racconto cos’ho perso io e lo faccio anche con un mare di rabbia perchè ho tutte le ragioni per farlo“. Non sortisce effetti, abbiamo visto prima i perché,
MI PREOCCUPO DELL’ALTRO, LO VEDO, LO INCLUDO NELLA COMUNICAZIONE DEL TERREMOTO. Il terremoto non è il mio tema, è il tema di tutti. Poi se voglio posso fare esempi su esempi , la mia storia, per entrare nei dettagli. Prima però mi chiedo:
COME POSSO SUSCITARE RECIPROCITÀ, INTERDIPENDENZA, INTERESSE DA AMBO LE PARTI?
Perché il terremoto dovrebbe interessare chi mi ascolta?
Attualmente non interessa. Nessuno è interessato ad ascoltare – generalmente – i problemi degli altri, a meno che:
NON SIA UNA VOCAZIONE O UNA SCELTA DI VITA PERSONALE
IN QUALCHE MODO IL PROBLEMA LO RIGUARDI
Ecco perché, lo ribadisco, è DOVEROSO cambiare interlocutore: lo stato, i governi, la politica, a suo modo la stampa nazionale (non quella locale del terremoto) non sono un buon interlocutore. Lo dico con rispetto e solo tenendo presente la realtà dei fatti (tre sottili anni di invisibilità, “The dome“).
Quali aspetti del terremoto escono dall’esperienza personale e diventano tema collettivo?
È diverso dire «A Norcia hanno fatto un abuso edilizio» e dire «esiste il più grande cantiere d’Europa. È in Centro Italia ed entro questo cantiere si stanno sciupando i soldi pubblici a servizio del popolo italiano. Entro 4 regioni italiane sono evidenti gli illeciti, gli abusi, lo sperpero di denaro, la violazione della dignità del popolo italiano. Non sono evidenti a livello nazionale poiché il più grande cantiere d’Europa è stato tenuto sotto una grande cupola di invisibilità».
Poi ci diciamo anche di Norcia, Piedilama, entriamo nel dettaglio. Prima però diciamoci queste suddette priorità collettive. Comprendi?
La parola ricostruzione è parola morta: chi è fuori dal terremoto non la capiscedavvero
Chi è fuori dal terremoto non sa del terremoto, figurati se comprende utilmente il senso di una frase che si legge spesso su quotidiani locali «la ricostruzione non parte». Di questa frase non se ne può capire né il senso né la misura.
Questa frase la capiscono i tecnici. Non i cittadini comuni che dovrebbero comprendere come il terremoto sia un tema sociale e della collettività.
Inoltre poi nessuno spiega mai che la ricostruzione è fatta di
1) demolizione
2) smistamento delle macerie
3) ricostruzione effettiva dell’immobile
4) della macchina burocratica dietro tutto ciò, macchina che non funziona in nessuna delle sue parti.
COSA PUÒ FUNZIONARE?
Potrebbe funzionare parlare di Economia del male al cittadino fuori dal terremoto, spiegando che sono violati e sono stati violati anche i suoi diritti e le sue finanze,
Se si vuole parlare dell’aspetto edile e della ricostruzione bisogna essere capaci di collettivizzare il tema, parlando cioè delle cose che interessano tutti,
Elencare nel dettaglio le voci dell’economia del male, voci che riguardano tutti: diritti violati, assenza di progettualità nella ricostruzione ogni volta che arriva un terremoto, assenza di un piano nazionale in grado di tutelare tutte le voci che vengono attivate dal sisma, dal trauma personale a quello strutturale
È diverso se parlo del terremoto chiedendo ascolto al Governo o alle istituzioni che per tre anni hanno leggermente fatto comprendere di non ritenere prioritario il tema.
È diverso se:
Mi propongo di portare il tema del terremoto fuori dalle aree del cratere
Cerco l’ascolto dei cittadini non coinvolti spiegando il terremoto come tema sociale di urgenza nazionale
Spiego loro che questo riguarda gli stessi in termini di: diritti, economia, salute, soldi pubblici
A chi comunicare il terremoto? Primo passo della macchina virtuosa
Saranno doverosi molti passi. Non possiamo vederli tutti subito, li conosceremo strada facendo.
Ad oggi è forse primario rivolgersi ad associazioni e aziende esterne al cratere e che siano interessate a: diritti umani, economia sociale (l’economia è già di per sé una voce sociale ma è bene ribadirlo perché nei “secoli dei secoli amen” ha purtroppo perso questa connotazione).
Quindi il primo passo, fatto in maniera massiva e importante, può essere quello di trovare punti aiuto e associativi (esterni al terremoto) a cui far comprendere che:
Il terremoto esiste
è un tema collettivo
sta impoverendo tutti
Hai presente quei volantini che trovi negli Ospedali e ti informano in generale su una malattia?
È tempo di creare un opuscolo nazionale rapido ed efficace che informi sul terremoto:
cos’è a livello geofisico e perché può riguardare tutti (l’Italia è un paese sismico da capo a piedi),
cosa succede alle persone (dal trauma alla ricostruzione di case e tessuto sociale),
evidenziare le lacune senza rabbia (esattamente come si dice «esiste la violenza contro le donne, se non denunciano non le si può aiutare» è possibile dire «esiste un fenomeno geofisico che mette tutti a rischio, se non si costruisce una macchina virtuosa a livello nazionale non possiamo essere tutelati come cittadini»)
Uscire dalle terre dell’impotenza
I terremotati sono sfiniti. È importante più che mai dosare le energie. È possibile uscire dal senso di impotenza? Piano piano, a mio avviso sì. È possibile spingendosi – anche solo virtualmente – fuori dalle terre del sisma, cercando – come detto sopra –aziende e associazioni esterne interessate al tema.
IL PUNTO PIÚ IMPORTANTE
Personalmente ritengo urgente e doverosa la creazione di una carta di tutela in termini di diritti nel terremoto.
Perché l’Italia molto spesso sostiene paesi in grande difficoltà sociale? Perché l’assenza di diritti impoverisce tutti.
Non essere tutelati è un male che uccide ognuno di noi, silenziosamente.
Il patrimonio umano è il bene che maggiormente dovremmo preoccuparci di tutelare, oltre gli interessi personali (possiamo nutrirli a casa nostra).
Non essere tutelati è la disgrazia di questo secolo.
Là dove le persone non sono tutelate null’altro può avere senso (inteso come direzione).
Il mio augurio è quello che si contempli una «Carta dei diritti umani nel Terremoto».
Nel 1948, dopo due conflitti mondiali, è stata stilata la Carta dei diritti umani. È vero, si tratta di un documento che non ha mai acquisito un valore giuridico (forse sarebbe opportuno valutare di restituirglielo, questo valore) ma tutt’ora viene fortemente tenuta in considerazione, citata anche nelle aulee di tribunale.
Questa carta ha tracciato una linea di confine irreversibile. Oggi, se violi un diritto umani, tu lo sai e lo vedi. Prima del 1948, no.
Stilare con pazienza una carta dei diritti umani nel Terremoto significa tracciare un’altra linea di confine irreversibile.Poi nessuno potrà più permettersi di apporre una cupola di invisibilità a qualsiasi altro terremoto. Allora questa volta la triste storia dei cittadini non verrebbe oltremodo vanificata. I morti, questa volta, potrebbero forse ritrovare un po’ di dignità e pace. I cittadini, forse, potrebbero ritrovare un senso di appartenenza alla res publica. Perché se non esiste una buona economia, ciò che si viene a creare è la divisione del tessuto del paese (divisione umana, divisione di interessi economici, divisione e basta).
Insieme è la parola d’ordine: non è facile ma è possibile.
È possibile infine far convogliare i comitati del Centro Italia al fine di realizzare la stesura, scrittura e la messa in essere di una «Carta dei diritti umani nel Terremoto»?
«140 comitati sono tanti, non andranno mai tutti d’accordo» ( ne basterebbero anche la metà, a parte il fatto che –purtroppo – molti paesi nemmeno hanno un comitato che li rappresenti)
«Ma come fai? Ognuno direbbe la propria sul proprio» (no, ci si focalizza sui diritti violati entro ogni voce – economia, edilizia, salute- arrivando a fissare la radice di ciò che deve essere reso inviolabile)
«Ma è una cosa complessa» (bene, allora teniamoci il problema. Giusto? Oppure magari ci incamminiamo per la strada della risoluzione, con calma, ma non in altri tre anni?)
«Ma dove si possono riunire?» (iniziamo a dare misura ad ogni passaggio: come raccogliere le adesioni dei comitati, come creare delle assemblee, con un calendario alla mano, come moderare la discussione, come scrivere e tradurre le riflessioni in parole efficaci. Si chiama organizzazione. Magari ci vuole tempo ma sembra che nelle grandi aziende funzioni.)
Non ho usato un grammo di cemento
E nemmeno un grammo di odio. Non sono gli ingredienti di Sisma. Questo articolo vuole mostrarti 3 cose: intelleggere la realtà è agire. Le parole possono essere anche più forti del cemento, se sorrette dalle giuste emozioni specialmente in questi delicati ambiti (l’odio e lo schifo non servono, o quantomeno non bastano).
Il “come” giusto, la cosa giusta, la giusta persona, il giusto politico, l’uomo o la donna che fanno il miracolo: non esistono. Esiste però la forza della collettività, dell’interdipendenza. Per mettere in moto una «macchina virtuosa» – che ancora manca nel terremoto – servono calma, pazienza, organizzazione, interdipendenza, collettività. Servono valori e diritti, pietre incrollabili.
Sto tentando di dirti questo. Il punto non è la ricostruzione che non parte. Il punto è che il terremoto è scomparso come se il Centro Italia si fosse improvvisamente trasformato in un Triangolo delle Bermuda.
Il problema è l’invisibilità, il danno che le istituzioni stanno facendo ai terremotati attraverso il loro silenzio. Se tu fossi un terremotato saresti già morto. Sei morto, non ti si vede. L a tua voce non si sente.
Il terremoto è un professore
Lo dice Romolo, che costruisce case antisismiche da quando aveva 14 anni. Suo padre lo portava a Camerino e gli diceva che sarebbero crollate tutte, perché non si stava costruendo a dovere.
«Ricordati che il terremoto è un professore. Quando passa – se vede che hai costruito male – ti fa una X sui muri. Il terremoto ti corregge e ti fa vedere dove sbagli».
La X è il simbolo di un muro fatto male, una struttura che ha ceduto, un uomo che se n’è fregato delle regole del cemento in zona sismica.
Costruire è meglio che distruggere
Ed è il cemento, il vero protagonista del terremoto. Mica le persone.Davvero? Le persone non sono interessanti, la speculazione sì. Perché è il cemento, l’oro del Centro Italia, non i terremotati, che vanno curati e non rendono. Anzi, sono una spesa.
Quante strade sono state costruite, a Camerino, per le Sae, le soluzioni abitative di emergenza. Le strade sono definitive, le Sae però dovrebbero essere un’urbanistica temporanea. Hai capito?
È come comprare un anello di fidanzamento per una tipa che – già lo sai – se ne andrà al secondo appuntamento.
Quanti soldi, in questo cemento, quanta mafia, in questi nuovi paesaggi grigi che si affossano tra i monti sibillini e i Monti della Laga.
Quale sicurezza?
È lo stesso cemento che non tiene su le case appena costruite. Perché? Perché c’è un coefficiente che regola la costruzione degli edifici, in zona sismica. A Camerino non costruisci come a Norcia, a Norcia non costruisci come faresti in Irpinia. Questo dipende dal terreno e dalla sua pericolosità sismica, sarebbe l’accelerazione che la terra subisce attraverso la propagazione del terremoto.
Ad oggi si costruisce senza integrare alla costruzione questo dato in forma reale, vale a dire senza prevedere il reale ciclo di ritorno del terremoto nel tempo. Cosa succede? Che le costruzioni crollano perché il dato integrato è approssimativo. Non si costruisce cioè tenendo presente che le case possono subire un terremoto fra 300 anni. Tu manco ci sarai più. Allora si costruisce tenendo presente che le case devono durare per 50 anni e tu tieni presente il sisma in maniera deficitaria, senza includere davvero la sua pericolosità sismica.
La terra non ammette ignoranza
È stato illuminante parlare con Emanuele Tondi, Geologo e direttore della sezione di Geologia dell’Università di Camerino. Mi ha spiegato che per via di questa errata valutazione non solo le case crollano, ma la Carta di Pericolosità Sismica non è efficace per la prevenzione.
Se non viene tenuto presente il fattore del tempo –nella costruzione delle case, nella Carta di Pericolosità Sismica – non si può avere una chiara evidenza delle zone che, in modo prioritario devono essere tenute sotto osservazione, per il ritorno del terremoto più forte possibile per quella zona.
Se il terremoto a Norcia è avvenuto 3 anni fa, ora è più importante concentrarsi sulla messa in sicurezza strutturale e abitativa di quelle zone dove il sisma non arriva da 300 anni. È così che una Carta di Pericolosità Sismica aiuta davvero: rivelando le zone realmente esposte “al rischio del ritorno del massimo terremoto possibile in tempi brevi“, per citare le parole di Tondi.
Se non viene considerata la massima intensità di un terremoto e il fattore tempo non è tenuto presente – cosa che capita oggi – le case non possono essere davvero costruite in modo antisismico, non si può realmente fare prevenzione attraverso la Carta di Pericolosità Sismica, si espongono le persone al rischio.
I morti del 2016, fatto presente questa mancanza prima del 2016,potevano essere evitati. Si muore di invisibilità, si muore nel cemento per speculazione, per inutilizzo della corretta applicazione degli strumenti di prevenzione sismica. Amen.
La provvisorietà è interessante fino a un cero punto. Se un intero stato, se una scuola, se un pronto soccorso si basassero sulla provvisorietà saremmo cittadini spacciati. Non lo siamo vero? Ci sono cose per cui inoltre la solidità è di gran lunga preferibile, specialmente se la precarietà non è una scelta.
Esistono popoli nomadi che adorano vivere in una iurta o in una roulotte. È una scelta culturale profondamente radicata. Ci sono situazioni, invece, in cui la precarietà non è una scelta, ma un obbligo. Allora le cose si complicano.
«Voglio andare a casa» (la casa dov’è?)
Se ti trovi coinvolto in un sisma di magnitudo 6.5 e la tua casa è perduta te ne vai in una Sae. La Sae è l’emblema del terremoto in Centro Italia, un simbolo non da tutti conosciuto. Allora famigliarizziamo meglio con il lessico e il panorama del sisma:
La Sae è una soluzione abitativa di emergenza. Viene costruita dalla Protezione Civile ed è garantita a chi ha perso la propria dimora. Per avere diritto alla Sae la casa in cui eri deve essere classificata come una E. Questo significa che hai una casa inagibile.
La tua casa è inagibile perché ha di fianco un campanile o un altro edificio che gli sta crollando addosso, è inagibile perché ha subito un danno strutturale che non può essere considerato lieve (diversamente la tua casa sarebbe classificata come una B). Quindi non tutti hanno diritto alla Sae, solo chi non sa più dove andare e ha deciso – altro dettaglio – di non delocalizzare in albergo, magari molto fuori dal paese terremotato. Se sei in affitto ti va meglio. Se abitavi in quella casa ed era la tua, avrai la Sae. Se la casa era la tua ma non ci abitavi, magari hai una seconda casa, la Sae non ce l’avrai.
Dove (voglio vivere)
Arriva il terremoto, le scosse ti distruggono casa. Il Comune ti dice «avrai una Sae, è solo per il momento. Tu stai li, intanto noi ti avviamo la pratica di ricostruzione, si rifà tutto e poi ritorni a casa tua, quella vera.»
Sulla carta funziona tutto, nella realtà aumentano le variabili indipendenti che hanno molto a che vedere con quella provvisorietà non scelta di cui ti parlavo all’inizio.
Non te la fanno subito, la Sae. Ci vuole tempo:
tempo perché sia identificata l’area corretta dove costruirla, entro un dialogo non sempre rapido fra Comune, Provincia e Protezione Civile,
te la devono assegnare, significa che devi richiederla e intanto aspettare. A Norcia, mentre le costruivano, le assegnavano a sorteggio. È una cosa che manderebbe in pezzi l’anima di chiunque,
intanto resti in una palestra con i letti comuni, se appunto non hai deciso di andare in albergo, o prenderti una roulotte a ruote – piovono multe se la prendi fissa – o di andare da parenti, amici e via dicendo,
intanto hai subito il trauma del terremoto: se ti è andata bene hai perso solo casa e lavoro. Dovrai stare fermo minimo 5 mesi – 1 anno. Se ti è andata molto male hai perso casa, lavoro, almeno un parente, molti amici e sei stato – vicino o lontano – a cielo aperto da qualche parte, aspettando la Sae,
dopo circa 8 mesi, se ti è andata di lusso, hai la tua Sae, vale a dire una casetta in poliuretano espanso fra i 40 mq o 60 mq a seconda del nucleo famigliare
Family affair
Le Sae sono costruite una attaccata all’altra. Non hai più il tuo vicino di casa, improvvisamente erediti la vicinanza di gente che non conosci e in un momento di forte stress non è detto che la cosa ti vada a genio, ma è così.
Sei fuori dall’architettura del tuo paese, sei in un accorpamento di Sae tutte uguali, piantato probabilmente nel nulla. Non temere, a breve faranno anche il container per la posta, quello per i Carabinieri, il fruttivendolo e la banca. Però no, non sarà più la stessa cosa: qui è derealizzante vivere. Non solo perché non hai più un riferimento che sia uno. Non vedi futuro, sei stato messo in sicurezza perdendo tutte le tue connotazioni personali, non sai cosa succederà. Ti hanno detto che ricostruiranno. Sulla carta è così.
Dovresti provvisoriamente sostare in una Sae per un anno, forse, poi si torna a casa. Anche perchè una Sae è garantita solo 4/5 anni, poi inizia a distruggersi (se non l’ha gia fatto prima).
2. Casa però intanto non te l’hanno fatta per 600 motivi – burocrazia, tecnici che non consegnano la tua pratica, poco personale negli uffici della Ricostruzione, incompatibilità fra Comune e Regione – e sono passati tre anni. Tu continui a non saperne niente di cosa diamine accadrà e invecchi in una Sae dove:
non hai più privacy con i membri della tua famiglia, siete troppo attaccati
dopo qualche anno ti balla il pavimento perché è fissato un po’ male. Lo smontano e scoprono che è pieno di muffa, da buttare
è inverno e ti scoppia il boiler
non puoi progettare il tuo futuro perché il Comune non ti spiega cosa vuole fare in merito alla ricostruzione
Cosa vuoi? La tua dignità di cittadino? Ti danno tutto pagato, non ti basta? Ad alcuni sì,
«era una casa molto carina… non si poteva entrarci dentro perché non c’era il pavimento» un anacronistico Sergio Endrigo
«Qui a Castelluccio le Sae le hanno inaugurate a fine Agosto. Sono arrivati politici, il Sindaco, hanno fatto anche il taglio del nastro. Peccato che non avevano ancora finito di montare il pavimento all’interno.» A. che lavora a Castelluccio
Non va sempre così
Il casino del terremoto è che ognuno può raccontarti la sua storia. In alcuni comuni le Sae le hanno avute per tempo, alcuni sono già rientrati nelle case, le hanno avute anche quelli a cui non spettava una casa, perché il Sindaco le ha fatte fare un po’ per tutti. Non è questo il punto.
Il punto non è la variabile indipendente, il punto è la solidità dell’intero discorso.
3 anni, 13% degli edifici ricostruiti, macerie presenti in tutti i comuni come fosse ancora il 2016, fatto salvo quelli che hanno avuto pochissimi danni. Nessuna garanzia di una ripresa del tessuto socio-economico ma, soprattutto, nessun piano presente costruito, durante questi 3 anni, nessun progetto a lungo termine che sia stato ideato, appoggiato con un po’ di malta in un box 3 metri per 3. Nessun tetto a tutela dei diritti umani. Adesso anche tu, un po’ di più, questo «lo Sae».
Non tutti sono contenti del Sottocorte Village, a Camerino. È una “sottospecie” di Centro commerciale. Fossimo nell’hinterland milanese ok, anche se ok si fa sempre per dire. Di certo molti meno storcerebbero il naso, nella regione del consumismo. Qui però siamo in un piccolo paese dove la centralità di Tribunale e Università ha insegnato alle persone a ricamare il proprio paese con pensieri nobili.
A Camerino per fortuna l’Università c’è ancora, nonostante il paese sia tutto zona rossa. C’è Matematica, Informatica, ci sono i Laboratori di galenica. Non poteva mancare Giurisprudenza ma anche Architettura e Design, Bioscienze e Medicina Veterinaria, Scienze del Farmaco e Prodotti della Salute. Abbiamo finito?No.
Scienze e Tecnologie e ancora – non poteva mancare – Geologia. Camerino fa circa 7000 abitanti ed è un fiore all’occhiello dell’intelleggere la vita.
Per fortuna, perché nella tragedia di un terremoto che è peggio de “La Storia Infinita” – ma senza nessun Atreiu pronto a salvare i terremotati dal buio che avanza – Camerino rappresenta una possibilità di salvezza.
Da pochi giorni Carlo Pettinari, rettore dell’Università, ha inaugurato una nuova sededell’Istituto dell’INGV. Sarà dunque possibile fare ricerca e prevenzione, creare conoscenza sui terremoti, in un paese che è sismico quasi da capo a piedi. Sì, perchè sta per nascere un polo interdisciplinare votato alla prevenzione sul terremoto, al “costruire bene per tutelarsi.”
Finora – nonostante i terremoti siano presenti in Centro Italia ogni circa 20 anni – nessuno aveva pensato alla costituzione di un polo di prevenzione. È una cosa da pazzi: lo è senza molti giri di parole. Immagina se la sanità, per 40 anni, si fosse rifiutata di fare diagnosi e prevenzione dei tumori.
In Italia di Terremoto si muore e come! Il terremoto è anche peggio di un tumore perché torna sempre, anche dopo molti anni. Alcuni da “un brutto male” guariscono e non ne sentono più parlare. I terremotati invece hanno da stare sempre in allerta, sotto prevenzione e controllo.
Emanuele Tondi, professore di Geologia e responsabile dell’attuazione dei programmi della nuova sede INGV è il garante del progetto di prevenzione a Unicam.
Durante una lunga chiacchierata di due ore mi spiega il valore di questo nuovo sguardo alle terre del sisma. Mi racconta di quando era Sindaco di Camporotondo.
Al 24 Agosto la Protezione Civile ha risposto bene all’emergenza, ma con le scosse del 26 e del 30 Ottobre è successo un disastro. Non è mai capitato di sfollare 40.000 persone in una regione. Nessuno era preparato.
Fino ad oggi la Protezione Civile non ha mai stilato un piano d’azione per rispondere a eventi sismici di questa pericolosità. Se il terremoto dovesse tornare – e tornerà – ancora oggi è completamente assente un piano intervento organizzato e messa in sicurezza della popolazione.
“Mi stai dicendo che può tornare un terremoto della stessa portata del 2016?” Emanuele mi guarda come gli stessi chiedendo se la terra è tonda. Il giorno dopo trovo su YouTube alcune sue interviste, una è quella per Radio Linea TV.
Emanuele mi spiega come l’INGV abbia già preventivato la possibilità di prossime forte scosse. L’unico dato mancante è quando questo accadrà.
In una zona ad alta pericolosità sismica – dato irreversibile – non solo è fondamentale fare prevenzione, ma è necessario imparare a costruire bene per tempo, senza inoltre impoverire il tessuto sociale e la popolazione locale che ha deciso di restare e continua a vivere nelle terre sismiche.
Parte del progetto interdisciplinare guidato da Emanuele Tondi – e che vede coinvolto anche il Gran Sasso Science Institute e l’Istituto di Fisica Nucleare – punta a riportare le infrastrutture e i servizi nelle zone del sisma.
“Prevenire è meglio che curare” sembra un vecchio slogan fuori moda solo in Italia, un paese dove gli sciocchi aumentano e gli intelligenti fanno straordinari invisibili.
Lascio Emanuele con una certezza. Il terremoto ritornerà, ma questa volta sono inarrivo anche formazione e dottorati in aiuto al tema.
La Protezione Civile potrà inoltre imparare a pianificare al meglio, costituendo programmi organizzati. Lo Stato e la Sanità possono contenere la catastrofe, imparare a dare risposte più abili al terremoto. Devono. Tutto questo avrebbe già dovuto essere realtà.
Ad Amatrice, prima del 2016, era stato suggerito al Comune di fare interventi preventivi alle strutture. Sono morte oltre 200 persone e poteva essere evitato cintando le case con cavi, rafforzandole con reti metalliche. Perché un Comune si permette di trascurare la prevenzione sismica?
Oggi nasce a Camerino la possibilità di costruire una coscienza antisismica, opportunità e dovere finora ampiamente trascurati dallo Stato italiano.
Ha ragione Damiano quando dice che “il terremoto non è la colpa di nessuno”.
Damiano abita a Norcia. Con il terremoto che ha tirato il 24 Agosto 2016 ha perso casa e negozio. Ora lavora in una casetta di legno 3 metri per 3 concessa dal comune.
In Umbria, ma anche in altri paesi delle Marche, si dice che il terremoto “lo prendi”, come una malattia.
Se durante la tua vita ti ammali di morbo di Crhon o prendi un’infezione da streptococco non hai colpa, ma àugurati di avere un buon dottore, uno insomma che non sia un ciarlatano e che ti aiuti a guarire.
Si può guarire dal terremoto? Si può uscire dalla categoria dei terremotati, dalla quarantena, per tornare – cicatrici incluse – ad essere cittadini comuni? Si possono sanare le terre del sisma e fare una buona prevenzione?
Il dottore del terremoto dovrebbe essere lo Stato ma sembra piuttosto palesare la sua natura di praticantante prime armi.
È uno che sbaglia il dosaggio dei farmaci e cura le parti sane. Se gli dai in mano un bisturi incide di corsa e dove non serve realmente. Spreca energie in cose inutili e alla fine ci rimette la salute del paziente.
Questo è quello che è successo nel post sisma. All’emergenza, curata diligentemente dagli infermieri del Primo Soccorso (Esercito, Vigili del Fuoco, Carabinieri) non ha fatto sempre seguito una valida equipe di professionisti.
Il dosaggio sbagliato
Sono 4 le regione toccate dal sisma del 2016: Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo. Ci sono paesi che hanno subito il crollo di un campanile, altri che sono stati completamente o parzialmente rasi al suolo.
Esanatoglia, Matelica, Gagliole e Castelraimondo sono paesi dove si ricostruisce. Gli edifici colpiti sono pochi. È fuori discussione l’importanza, in sé, del danno subito. Si parla piuttosto di una scala dell’emergenza.
Visso, Castelsantangelo sul Nera sono dichiarati zona rossa. Si vive nelle Sae – le soluzioni abitative di emergenza – e non si è ricostruito affatto.
“Dovevano dare la precedenza a chi era messo peggio” mi dice R. che è il marito della signora Franca. Lo intervisto a Fonte del Campo, la sua Sae dista pochi metri dal paese, completamente distrutto. “Ci sono comuni che non hanno manco ‘na crepa, al massimo è crollato un pezzo de chiesa. Noi non c’abbiamo più il paese. Dove andiamo? Siamo qui, in mezzo al nulla, dimenticati. Continuano a dirci che se ricostruisce. Maddove?!”
In un Pronto Soccorso, in effetti, ha la precendenza il paziente da codice rosso. Quelli che “nel peggio stanno meglio” – ossimoro dell’assurdo – hanno da aspettare. Non si vuole far torto a nessuno ma un senso alle cose glie lo si deve dare (senso inteso come direzione).
È un atteggiamento che poteva essere esteso anche alle terre del sisma? Prima le grandi difficoltà e poi il minor malis?
Difficile dirlo soprattutto perché gli assistenti del medico-Stato sono Regione e Sindaco. Sono loro ad arbitrare davvero la partita, l’avvio alla cura o all’eutanasia. Accade così che a Camerino ci sia un polo universitario funzionante, con forti riduzioni delle tasse scolastiche previste per gli studenti, mentre a Norcia le scuole sono container vetusti, ex locali lavanderia piuttosto che vere aule.
Accade così che a Camerino – in piena emergenza 2016 – il Sindaco si confronta subito con i propri cittadini per ripartire al meglio, mentre a Norcia, lo stesso primo cittadino si comporta come un tumore.
Camerino, uno dei poli universitari
Un tumore è una cellula impazzita. È impazzita perché crede di poter fare come diamine gli pare, senza considerare il resto del corpo di cui esso stesso è parte. Così, ciecamente, rovina sè stesso e tutto il resto.
Di tumore si muore, ma si può fare anche diagnosi e prevenzione. Non solo si può: si deve. Per chi sopravvive restano altrimenti vari buchi neri in un corpo. Invece si può migliorare anche il post operazione, la risalita dopo la malattia.
Di sisma si muore e se è vero che la vita è imprevedibile è altrettanto vero che qualcosa si può fare: si deve fare. Non esiste al momento un polo di ricerca dedicato al corpo del terremoto e “del dopo“. Se ti accade, se ti ci trovi coinvolto, come torni a vivere?
Il 25 Novembre a Norcia è arrivata l’Associazione Libera, per la lotta contro le mafie.
Il terremoto resta una bolla, una verità invisibile fra molte distrazioni. Non ha lasciato però indifferente la cosca mafiosa. Alcuni terremotati sostengono sia essere più presente dello stato.
Il cittadino è corresponsabile nella giustezza dell’applicazione dei diritti alla base della comunità. Se le istituzioni, su ogni fronte, non rispondo ai diritti del cittadino è opportuno, per citare le parole di Libera “che il cittadino stesso sia un pungolo propositivo, per chiedere ciò che è giusto e dovuto alla collettività.”
Le leggi servono – sono cioè a servizio – della giustizia sociale. Sono uno strumento non sempre abitato come territorio di dialogo. É scomodo esporsi, per i terremotati, perchè ognuno ha già le proprie difficoltà: una casa da risistemare, una vita da far ripartire.
Il terremoto in Centro Italia è però rimasto il terremoto del Centro Italia.
L’evento sisma e la coscienza antisismica sono fatti, strettamente legati ai diritti dei cittadini che non posso riguardare solo poche regioni. Domani potrebbe capitare a ognuno di noi. L’Italia è in fondo questo, un paese che crolla a colpi di dissesti idrogeologici ed eventi sismici.
Non esiste alcun piano sanitario che tuteli il cittadino, nel lungo termine, dai traumi del terremoto. Cos’è urgente, allora?
Urgente sarebbe dare il via alla costruzione di un polo di prevenzione anitismica, che vada oltre l’emergenza. Nessuno dei terremotati che ho intervistato ha recriminazioni sulla gestione dell’emergenza da parte delle Forze dell’Ordine. “Abbiamo un terremoto ogni quasi 20 anni. Qui nel cratere dovremmo essere esperti, di sisma. Dovremmo avere un polo per studiare come rialzarsi, dopo le scosse. E invece non c’è niente.”
La maggior parte però evidenzia come il post sisma sia un destino segnato di Sae, soluzioni abitative di emergenza, ricostruzioni difficili da far ripartire, donazioni rubate.
Non è sempre così, non tutto finisce come lo scandalo del Boeri a Norcia, struttura posta sotto sequestro a pochi mesi dalla sua costruzione. Violato il vincolo paesaggistico, sciupata una raccolta di ingente valore.
A Esanatoglia, nelle Marche, sono state inaugurate le nuove scuole, circa un anno fa. L’urgenza però è incontrare il sisma non ” a macchia di leopardo” bensì in maniera organizzata.
Il 24 Agosto, poi il 26 ed il 30 Ottobre sono date che hanno segnato per sempre la storia del Centro Italia. Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria: qui nessuno sa ancora bene come si ripartirà dopo il terremoto che in pochi mesi ha ucciso e distrutto in quattro regioni.
Un’ evidenza è chiara. Nè lo Stato nè la sanità italiana hanno fra le mani un piano. “ Un piano B lo devi sempre avere”: questo te lo dicono tutti, dall’agente assicurativo al tuo professionista di fiducia.
Se hai una macchina hai anche una ruota di scorta.
In Italia non esiste alcun piano B al sisma. In Italia il sisma te lo sposi e te lo trascini “fino a che morte non vi separi”. La ricostruzione delle terre mutate non parte, ma forse dobbiamo fare qualche passo indietro.
La percentuale di macerie rimosse è esigua, molti paesi — letteralmente quasi tutti — sono abbandonati a sè stessi. Le Sae, le soluzioni abitative di emergenza, hanno preso il posto dell’architettura, quella vera.
Non c’è il minimo interesse al ripristino del tessuto sociale.
“Non è vero, ad Amatrice la Ferrari di Elkann ha costruito le scuole”. Giusto. Un polo onnicomprensivo intitolato a Sergio Marchionne, qui redivido e ripulito negli intenti, per tener fede alla promessa fatta nel lontano Agosto 2016 alle terre colpite dal sisma.
Si tratta di uno degli sporadici atti di coscienza (postuma) dedicata alle persone. Perchè in fondo la notizia è che qui le persone sono state ancora sepolte, non più solo dal terremoto.
Questa volta non lo ha fatto il sisma, ma lo Stato, la sanità che incentiva più l’uso psicofarmaci, che progetti di lungo e ampio respiro.
E i diritti umani? Se parla poco. Di certo si sa che sono stati lungamente violati. A Fonte del Campo ci sono circa 40 Sae, perlopiù abitate da anziani. Sono incastonate fra le montagne, un cimitero sconquassato fatto di lapidi rotte e loculi in pvc. Si affacciano al paese, completamente distrutto.
Un box doccia frantumato nel 2016 ti guarda come non fosse passato un giorno da allora.
Ciò che ho deciso di raccontare, vale a dire l’attuale presenza del terremoto in Centro Italia, con le sue macerie e i suoi guai, è la testimonianza chiara di come può essere trattato il cittadino dal proprio paese.
I campi di concentramento sono stati fotografati “per non dimenticare”. In Italia non esistono guerre ma silenzi che uccidono i cittadini giorno per giorno, come quella tortura, la goccia medievale.
Ogni giorno, una goccia sulla testa in una stanza chiusa. La burocrazia è quella goccia. Per tutti i cittadini,in particolare per i terremotati. È la tortura di un paese paese che non vuole dare ai suoi abitanti la possibilità di rinascere veramente.